Pomigliano, cemento e droga:gli affari dietro la pax mafiosa

Pomigliano, cemento e droga:gli affari dietro la pax mafiosa
Vige una «pax mafiosa» nell'area delle grandi fabbriche metalmeccaniche in crisi e del ricco polo di impianti che smaltiscono valanghe di rifiuti. È il...

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Vige una «pax mafiosa» nell'area delle grandi fabbriche metalmeccaniche in crisi e del ricco polo di impianti che smaltiscono valanghe di rifiuti. È il triangolo inquinato compreso tra Pomigliano, Acerra e Casalnuovo, 170mila abitanti afflitti da precarietà e disoccupazione.

La «pax mafiosa» è talvolta interrotta da minacce e attentati rimasti senza colpevoli, come è accaduto a Pomigliano. Per il resto, regna una lunga tregua. Ad Acerra l'ultimo omicidio risale a poco meno di due anni fa; a Casalnuovo cinque. A Pomigliano, addirittura, risale a quasi un quarto di secolo. E mentre le armi tacciono prosperano nell'omertà droga, estorsioni, corruzione, usura e riciclaggio.

Diversificato il quadro a Pomigliano. I grafici contenuti nell'ultima relazione pubblicata dalla Dia stabiliscono la presenza, a tutto il 2020, di un solo clan storico, i Foria. Una famiglia che, dopo omicidi, estorsioni e traffico di droga si è inserita da oltre tre decenni nell'economia legale e nei rapporti con la pubblica amministrazione attraverso permessi e autorizzazioni. Una penetrazione emersa già nel 1993, con il commissariamento per mafia del Comune, che resse ai ricorsi dei politici «offesi da quell'onta indelebile». Secondo il ministero dell'Interno, all'epoca i boss di Pomigliano erano i fratelli Salvatore e Nicola Foria. Nel frattempo Salvatore è morto in carcere mentre Nicola, dopo una prima detenzione per associazione mafiosa, nel 2015 è stato di nuovo arrestato per una pressione indebita volta a impedire la perdita definitiva di un palazzo confiscato dall'antimafia. In quell'occasione gli inquirenti lo definirono «reggente del clan». Condannato per questa vicenda a 2 anni e 8 mesi, lo Stato nel 2016 gli ha restituito tre società di costruzioni e 12 fabbricati. Un dinamismo imprenditoriale notevole. Un figlio di Nicola Foria fa il costruttore.
Del resto l'edilizia è sempre stata il «fiore all'occhiello» di famiglia. Come i servizi di pompe funebri, attività a lungo esercitata sia a Pomigliano che a Casalnuovo e Castello di Cisterna. Situazione complessa.

Da una costola del clan Foria è nata un'altra cosca, quella dei fratelli Carmine e Pietro D'Agostino. Due anni fa il ras Pietro fu condannato per estorsione, imponeva il pizzo agli imprenditori. Ma è soprattutto nell'edilizia e nelle pompe funebri che si vuole vedere chiaro. Il comandante della polizia municipale, il coraggioso colonnello Luigi Maiello, in pochi mesi ha sequestrato venti cantieri per un potenziale di oltre 300 appartamenti. L'inchiesta punta su una serie di presunti illeciti. Maiello ha posto i sigilli anche a due cantieri per decine di alloggi intestati ai figli di Nicola Foria. «La società costruttrice di uno di questi due cantieri sostiene il comandante è gravata da una interdittiva antimafia che ancora oggi ha efficacia. Un fatto del genere è sintomatico del contesto nel quale operiamo».

Tensione alle stelle, minacce di morte e attentati. Al sindaco di Pomigliano Gianluca Del Mastro e al comandante Maiello sono stati recapitati proiettili calibro 38. E nella notte di Capodanno la criminalità ha alzato il tiro, ha incendiato le auto di servizio della polizia municipale. «Nelle istituzioni si nascondono soggetti che favoriscono la criminalità», l'accusa di Maiello dopo l'attentato. Estorsioni, minacce e attentati ma non solo. A Pomigliano la droga scorre a fiumi. A rifornire di stupefacenti l'affollatissima movida cittadina sono i narcos del rioni popolari come Bruno Mascitelli detenuto), Vincenzo Basso, Salvatore e Francesco Cipolletta, Salvatore Esposito. «Famiglie racconta Maiello - provenienti da Napoli, dove hanno mutuato una sottocultura criminale che non ha nulla in comune con le caratteristiche mafiose dei clan storici, molto più strutturati, della provincia».

Preoccupante lo scenario anche a Casalnuovo, capitale del cemento selvaggio, dove comanda il clan Veneruso-Rea. Attività: estorsioni, droga ed edilizia. Il boss, Francesco Rea, è in carcere, ma potrebbe uscire tra qualche mese. Due anni fa alcuni componenti dei Veneruso-Rea furono arrestati per un'estorsione alla ditta di nettezza urbana del Comune. Uno degli arrestati è il fratello di un consigliere comunale. Manette che hanno fatto emergere un contrasto con l'altro gruppo di Casalnuovo, i Gallucci, capeggiato da una donna, Maria Mosti, vedova di Vittorio Gallucci, e dai suoi figli, accusati di spaccio di droga e di estorsione.

Ad Acerra emerge una vera galassia criminale fatta di spaccio, pizzo, traffico di rifiuti e penetrazione nell'edilizia e negli appalti pubblici. Sette mesi fa quelli che le forze dell'ordine definiscono due degli esponenti di spicco della criminalità, Vincenzo Di Buono e Cuono Lombardi, sono stati arrestati per almeno una dozzina di estorsioni ad altrettante aziende e per spaccio. Sotto estorsione c'era anche la ditta di Casalnuovo che forniva il calcestruzzo per la costruzione del campus scolastico europeo, un cantiere del Comune. Il pizzo aveva bloccato i lavori. Nello stesso periodo l'azienda che stava eseguendo l'appalto, da parecchi milioni di euro, per il rifacimento di corso Italia e la piscina municipale è stata raggiunta da una interdittiva antimafia. Il titolare, un acerrano, è considerato vicino alla camorra casertana. Estorsioni, spaccio, appalti e omicidi eccellenti. Secondo la polizia qui i clan sono sempre gli stessi: Di Buono, Tortora, Avventurato, Mariniello, Lombardi, De Sena. L'ultima scia di sangue iniziò nel 2015 e terminò nel maggio del 2020. Quattro uccisi: Ignazio Caruso, cognato di Cuono Lombardi, Vincenzo Mariniello, Giuseppe Avventurato e Pasquale Tortora.
 

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Il Mattino