Affiancato in automobile e crivellato di colpi. Dodici proiettili. Nel tardo pomeriggio, tra la gente, in un agguato che porta la firma della camorra. È morto così...
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Quel che è certo è che Montefusco non credeva di essere in pericolo. Ieri sera, intorno alle diciotto, era da solo nella sua autovettura. Stava percorrendo il viale Margherita, a Ponticelli, ignaro che, alle sue spalle, i killer stavano aspettando soltanto il momento giusto per rendere esecutiva la sentenza di morte decisa dai tribunali della malavita. Probabilmente qualcuno spiava già i suoi spostamenti e, quando lo ha visto passare da solo, ha lanciato il segnale che ha messo in moto il commando di fuoco.
Quando Montefusco si è fermato al semaforo lo scooter si è affiancato. È durato tutto pochi attimi. La semiautomatica puntata verso l’abitacolo, gli spari. Hanno premuto il grilletto dodici volte, centrando la vittima tra testa e torace. Montefusco non ha avuto il tempo di tentare la fuga, nemmeno di accelerare o di ripararsi in qualche modo da quella pioggia di piombo. Gli agenti del commissariato di Ponticelli, guidati dal vicequestore Antonella Andria, intervenuti insieme a quelli dell’Ufficio di Prevenzione Generale della Questura di Napoli, guidati dal dirigente Michele Spina, lo hanno ritrovato già senza vita, il capo chino verso il volante, i fari della Mercedes ancora accesi. Degli assassini, nessuna traccia. Sulla strada non ci sono telecamere di sorveglianza, ma la fuga dei criminali potrebbe essere stata ripresa da quelle dei locali commerciali della zona.
Dopo i rilievi della Scientifica, coordinata dalla dirigente Fabiola Mancone, le indagini, avviate dal commissariato locale in collaborazione con la Squadra Mobile, coordinata dal dirigente Fausto Lamparelli, partono dalla ricostruzione della figura della vittima per fare chiarezza sulla matrice dell’omicidio. Dopo un passato vicino al clan Sarno, ormai scomparso, e la collaborazione con la Giustizia poi ritrattata, Montefusco non è risultato organico a nessuna delle cosche della zona. L’agguato, però, si è verificato nel territorio di influenza dei D’Amico, da anni in lotta con la cosca avversaria dei De Micco.
Una guerra aperta che, nell’ottobre scorso, ha portato a un omicidio eccellente: Nunzia d’Amico, sorella dei boss Giuseppe, detto “Fraulella”, e Antonio, che con i fratelli in carcere aveva assunto un ruolo di rilievo all’interno del clan, fu ammazzata davanti alla sua abitazione, nel rione Conocal. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino