Si muove su due binari, il clan Mazzarella: da un lato, ha provato a piazzare i propri prestanome - gente per lo più incensurata - lì al centro degli affari che...
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Ma sentiamo cosa scrivono quelli della Mobile, a proposito del clan: «Alfonso Mazzarella, in particolare, indicava suo cugino Francesco Mazzarella, detto Franco, come attuale elemento apicale del gruppo criminale in parola, il quale, avvalendosi di numerosi cosiddetti prestanomi, gestirebbe il flusso di gran parte delle attività economiche presenti all'interno dell'area del Porto di Napoli, esercitando, inoltre, richieste estorsive nei confronti di alcuni imprenditori che vi operano».
Dunque: clan, prestanome, infiltrati negli appalti; ma anche: estorsioni vecchio stampo, tipo il due per cento della commessa, a chi si aggiudica il lavoro. Tutto chiaro? A leggere l'informativa depositata pochi giorni fa dalla Procura di Napoli la storia è decisamente più ampia e, al di là degli esiti processuali, fa capire lo spettro di responsabilità legato alle grandi commesse napoletane. A leggere le (poche) carte scoperte dalla Procura in questi giorni, la storia è questa: c'è chi fabbrica false fatture, per ottenere riserve in nero, soldi non dichiarati che vengono usati in due direzioni: verso gli organi di controllo, per lo più legati agli uffici pubblici, agli enti locali (citati Comune e capitaneria di porto), tanto da provocare il coinvolgimento di tecnici e funzionari; e verso la camorra, leggi clan Mazzarella, che dà il via libera all'operazione. In mezzo tanti soldi che girano: buste di denaro, ma anche impiegati (o ex impiegati) dell'autorità portuale che vengono convocati, spartizioni su più livelli. Ma proviamo a ragionare con le intercettazioni della Procura di Napoli. Ottobre di tre anni fa, nei pressi del varco Immacolatella, quando un imprenditore incontra un impiegato (o ex impiegato) dell'autorità portuale, all'interno della sua automobile. Incontro concordato, segreto. Non sanno che ci sono cimici ovunque, mentre all'esterno dell'abitacolo i militari della capitaneria di porto e gli uomini della mobile filmano ogni istante, ogni parola. Dunque, cosa accade?
Imprenditore: Guarda, mi è arrivata una busta di soldi.. e li sto spensando (dividendo), guarda... vedi, vedi... i soldi...
Impiegato: ah, fai vedere scemo...
Imprenditore: ma quanti ne metti qua dentro? Vedi, guarda... mentre io cammino.
Impiegato: per sfizio, fammi vedere...
Imprenditore: quando me li portano, quando me li portano, perché tu devi dare...
Impiegato: noo, voglio solo vedere...
Imprenditore: e non muovere... non prendere... non muovere... se qualcuno ci vede fa brutto... li vedi, li vedi i biglietti?
Impiegato: voglio solo vedere
Imprenditore: guarda, vedi, quelli li fanno, li producono e me li portano; io prendo questi, lo sai da dove vengono... lavoriamo per arrivare a questo...
Impiegato: eh, bravo, bravo...
Imprenditore: tu a me basta che mi dai l'amministrativa... io lavoro per questo...
Come finisce la scenetta? Ce lo spiega il costruttore, nel corso di una telefonata a un conoscente, al quale confida di aver ricevuto il denaro da un collega costruttore (interessato agli stessi lavori), di averne dato una parte all'impiegato e di averne conservato una parte per sé. Una sorta di cresta, dal momento che i soldi che avanzavano erano destinati ad altre persone. A chi? Alla camorra o a funzionari pubblici? Indagine per metà affidata alla Dda e per metà al pool reati contro la pubblica amministrazione: dal 2016 si attendono sviluppi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino