Portolano, un'infanzia napoletana raccontata a fumetti

Cristina Portolano, il quartiere di Montesanto in una tavola dal graphic novel "Quasi signorina"
Montesanto, piazza Dante e corso Vittorio Emanuele, a dividere la città di sotto e di sopra. Il terremoto del 23 novembre 1980, il disastro di Chernobyl nel 1986 e, sullo...

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Montesanto, piazza Dante e corso Vittorio Emanuele, a dividere la città di sotto e di sopra. Il terremoto del 23 novembre 1980, il disastro di Chernobyl nel 1986 e, sullo sfondo, gli intrecci di politica e criminalità, lo scudetto del Napoli, lo scorrere della vita quotidiana di un ceto piccoloborghese tra riti e miti (televisivi, musicali, sportivi) di un decennio di transizione, guardato con occhi di bambina: curiosa, ribelle, insofferente alle convenzioni imposte. E ostinatamente creativa.


È un’infanzia napoletana tra gli anni ’80 e i ’90 del secolo breve quella raccontata a fumetti da Cristina Portolano in Quasi signorina, graphic novel in uscita per TopiPittori nella bella collana «Gli anni in tasca graphic» - autobiografie di infanzie e adolescenze tra immagini e parole - che sarà presentata in anteprima all’imminente Fiera internazionale del libro per ragazzi (Bologna, 4-7 aprile) e a Napoli Comicon (14-17 aprile).

Non era facile sintetizzare a strisce, in nove tappe-capitoli, la venuta al mondo, la crescita e la formazione, nel centro storico della città, di una ragazzina occhiuta e anticonformista. Nella delicata transizione dalla culla all’adolescenza: stagione dei «quasi adatti» in cui iniziano, per molti, le prime prese di coscienza. Ma Portolano, classe 1986, napoletana con il sogno (realizzato) di vivere a Bologna sin dai tempi delle vacanze con la famiglia a Riccione, ci riesce con la sua personale cifra grafica di fumettista e illustratrice non priva di autoironia, a partire dal titolo del libro: espressione tipicamente partenopea, giacché «diventare signorina» è il tormentone che accompagna le preadolescenti napoletane in attesa del temuto menarca, segnando la differenza tra un prima (la dimensione sospesa dell’infanzia) e un dopo (l’orizzonte delle responsabilità dell’età adulta).


L’amarcord termina quando Cristina, diventata ormai “signorina”, rimpiange di non essere più una bimba. In mezzo, i riti di iniziazione in famiglia, a scuola e in parrocchia: tra le vessazioni di piccole bulle popolane, le prepotenze dei maschi, la scoperta senza malizia del sesso, l’addestramento all’autodifesa del fratello maggiore, i rigidi dogmatismi delle suore dell’asilo, la prima socializzazione di quartiere e nella scuola pubblica, le amicizie, l’allegria travolgente e l’affettuosità carnale di un parentado numeroso e accogliente. Una formazione partenopea in scenari urbani tratteggiati con morbido tratto dall’autrice, che non esita a dissacrare molti stereotipi di e sulla città, e sulla femminilità, in quadretti d’ambiente (con balloon in italiano “condito” dal dialetto) che ci restituiscono scorci urbani preziosi, leggende napoletane e luoghi destinati all’estinzione (come la storica fumetteria di Montesanto) con originali siparietti di dialogo immaginario della bambina con Maradona, che la spinge a (per)seguire i suoi sogni indipendentemente dalle aspettative altrui. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino