Non si nasce invano sopra un vulcano. Se vivi nei Campi flegrei, lo sai: tocca ballare. Si muove la terra e fa il suo mestiere. Nessuno se ne lamenti. Ma quando all'alba, la...
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SEGNALI DAL MARE
«Mi ricordo il bradisismo degli anni passati», dice Gerardo Di Girolamo, anziano barista sul porto di Pozzuoli. «La paura c'è sempre, non ci si abitua mai. Però sappiamo riconoscere i segnali. La scossa pesante di stamattina l'ho sentita ma non è quella che mi spaventa. È il rumore. Io me lo ricordo quel boato, è come se la sentissi salire dalla pancia della terra». Se è vero, come raccontava il più grande narratore della caldera sismica flegrea, il compianto Franco Mancusi, che «i terremoti sono l'effetto inevitabile del bradisismo e non viceversa», allora l'occhio di tutti, almeno a Pozzuoli, dove sono vivi i ricordi dei danni di Rione Terra e di via Napoli, dello svuotamento dei quartieri, del cambio dei connotati, va proprio a questo curioso meccanismo di sollevamento. Il monitoraggio arriva sempre dal mare, risorsa in questo caso inestimabile. La linea di costa appare sollevata a Bagnoli, a via Napoli, nel porto di Pozzuoli: ci sono vecchie barche ormai del tutto all'asciutto, scalette di ferro corrose dalla ruggine completamente fuori dall'acqua, linee di roccia emerse: se quello è il termometro, la febbre c'è.
CHE FARE?
«Si dice che se viviamo qui dobbiamo abituarci riflette Mariangela, una studentessa di Bagnoli ma vale fino a un certo punto. Sappiamo che la zona è sismica ma non vogliamo morirci. Io sono stata svegliata dal boato più che dal terremoto. Ho sentito la porta vibrare con forza, sembrava che qualcuno la stesse sbattendo». «Non si può prevedere niente dice con più filosofia una signora anziana di Pozzuoli quindi è inutile che ci preoccupiamo. Qua in una notte è spuntato il Monte Nuovo, lo sappiamo che ci sta un mare di lava sotto i nostri piedi». «Negli anni Ottanta ricorda Mario Capuani me ne sono andato. Il bradisismo fece così paura che lasciammo le case e ci trasferimmo tutti a Marano. Ma poi io sono tornato. Questa terra non ci può lasciare. Questa volta non mi faccio fregare. Mantengo la calma e rimango. Sono fenomeni periodici, vanno e vengono. Non possiamo fare niente». Eppure qualcosa si potrebbe fare: il perimetro più critico della caldera è quello circoscritto tra la Solfatara, il porto, Lucrino e Via Napoli. Qui tutto è in movimento e il terremoto non è una calamità, una cosa oscura che viene dal nulla: è una certezza. Terra viva che chiede attenzione. Ma proprio qui, attirati dalla bellezza, nei periodi di calma, vanno a insediarsi ville e palazzi salvo gridare di paura quando all'alba la lava si mette in moto. La grande crisi del bradisismo degli anni Ottanta si annunciò a novembre del 1982 con il sollevamento di qualche centimetro e lievi scosse, proprio come adesso. Poi il 18 gennaio del 1983 una scossa breve e intensa preceduta da un boato. Proprio come quella di ieri. Magnitudo 2,5. Come quella di ieri. Da allora, un dramma che è durato tutto l'anno: venticinque centimetri di sollevamento, danni a case e tutti a dire «non è come il 1970». Più o meno come oggi tutti si affrettano a dire che non è come il 1983. Speriamo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino