Ed eccole le primarie, si vota per eleggere il segretario nazionale del Pd ma in Campania lo sguardo è già proiettato più avanti, alle regionali del prossimo...
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Le primarie, dunque. Domenica quel che resta degli iscritti e i militanti che ancora ci credono dovranno scegliere tra Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, e saranno chiamati a eleggere anche il segretario regionale. In campo c'è un'altra terna: Leo Annunziata, 44 anni, sindaco di Poggiomarino, docente di filosofia; Armida Filippelli, 69 anni, dirigente scolastico in pensione; Umberto Del Basso De Caro, 65 anni, parlamentare, avvocato. Gli equilibri sono variabili e destreggiarsi tra le appartenenze e gli schieramenti richiede una grossa dose di pazienza, roba che se può appassionare gli addetti ai lavori finisce per disorientare chi non mastica politica e gradisce chiarezza e magari anche coerenza. Fatto sta che nell'arcipelago democratico campano ti ritrovi gente che sostiene lo stesso candidato alla segreteria regionale ma si divide su quello nazionale, e viceversa, in virtù di un gioco che ha molta tattica e poca strategia e che risponde solo a una logica di posizionamento interno. Esempio: Del Basso De Caro è il coordinatore regionale della mozione Martina ma è avversario di Annunziata, candidato di Martina alla segreteria campana, solo perchè è contro Vincenzo De Luca, primo sostenitore del sindaco di Poggiomarino. Altro esempio: con Zingaretti sono schierati, tra gli altri, gli orlandiani e l'area Dem di Franceschini, che però in Campania imboccano strade opposte: i primi verso la Filippelli; la seconda verso Annunziata. È la politica, bellezza.
Ma in fondo, potremmo dire che in Campania quasi tutte le strade portano a Poggiomarino, paesone di ventiduemila abitanti ai confini con la provincia di Salerno. Il sindaco con la passione per la filosofia è decisamente proiettato verso la vittoria. A fine gennaio, al voto nei circoli, Annunziata raccolse il 60 per cento dei consensi, un risultato difficilmente ribaltabile a giudicare dalla macchina da guerra che lo accompagna. Il grande regista dell'operazione è stato De Luca, che addirittura convinse il sindaco di Marano Rodolfo Visconti a ritirare la propria candidatura pur di spianare quanto più possibile la strada ad Annunziata. Tentò la stessa operazione con la Filippelli, ma gli andò male. Intorno al sindaco filosofo c'è tutto il partito che conta, ovvero quello che ha i voti, da Casillo a Topo, da Graziano a Marciano, da Daniele a Ferrandino, da Caputo a Oliviero, da Picarone ai sindaci Buonajuto e Zinno. E c'è soprattutto la roccaforte di Salerno, che avrà ben sedici seggi contro i trentaquattro di Napoli che però ha una popolazione otto volte superiore.
L'orizzonte di De Luca è chiaro e sono le regionali del prossimo anno. Con un Pd ridotto ai minimi termini, e con un centrosinistra che, come dimostra il recente voto in Abruzzo e Sardegna, fatica a mettere su una coalizione vincente, il governatore vuole in Campania una segreteria condivisa e un partito compatto che sia il baricentro di una larga alleanza, convinto com'è che in gioco non c'è solo il suo destino ma quello di tanti. I posizionamenti nazionali gli riguardano, certo, ma a De Luca interessa innanzitutto avere dalla sua parte le truppe campane e la larghissima convergenza su Annunziata rientra in questa logica. Peraltro, la stessa storia personale racconta che il presidente della Regione non ha mai troppo amato i caminetti nazionali, guardati quasi con fastidio. Memorabili alcune sue uscite: «banda di imbecilli»; «anime morte»; «i dirigenti vengono da Marte». Insomma, meglio vincere (e comandare) nella periferia dell'impero che essere uno dei tanti a Roma. E a un anno dalle elezioni, Poggiomarino val bene una messa. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino