Tra qualche giorno ci sarà una data, un giudice, un calendario di udienze. E ancora: un pm, le parti che chiederanno di costituirsi parte civile, i legali dell’unico...
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Tocca al collegio difensivo, dunque, in mancanza di un colpo di scena che sarebbe a questo punto clamoroso, assumersi la responsabilità della scelta da prendere: rito abbreviato dinanzi al giudice per le udienze preliminari o rito ordinario dinanzi a una Corte di assise? In entrambi i casi, sarà il processo a un fantasma, mentre altri componenti della famiglia Materazzo avranno diritto a presentarsi in aula e chiedere di costituirsi parte civile. Inchiesta coordinata dai pm Francesca De Renzis e Luisanna Figliolia, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, che ha assunto subito un doppio profilo: da un lato, i pm non hanno dubbi sulla responsabilità di Luca; dall’altro, sono al lavoro in una caccia all’uomo che continua a svilupparsi in Italia e all’estero. Restiamo al primo punto. Al centro delle indagini che hanno spinto il gip D’Urso a firmare la misura cautelare a carico di Luca Materazzo la prova del Dna: un test ricavato dalle tracce trovate sull’arma del delitto, ma anche sugli indumenti usati dall’assassino e nascosti in un anfratto di vico Santa Maria della Neve, subito dopo il delitto. Una svolta investigativa nata anche grazie alla testimonianza di un passante, che assisté alla fuga di un uomo dal viso travisato dal casco da motociclista lungo corso Vittorio Emanuele, fino al tentativo dello stesso assassino di nascondersi nella parte alta di vico Santa Maria della Neve. Instradati dal racconto del teste, gli uomini della Mobile hanno avuto gioco facile a trovare armi e indumenti, dando inizio al lavoro dei biologi della scientifica, fino ad inchiodare - almeno per il momento - il fratello più giovane della vittima. Altra storia invece quella della caccia all’uomo. Sono state interessate le polizie di mezza Europa, mentre la Procura ha delegato attività di indagine al fior fiore dei reparti investigativi al lavoro nel distretto napoletano. A cercare di stanare un 37enne incensurato e di buona famiglia, ci sono gli uomini della Mobile, il nucleo investigativo dei carabinieri, ma anche il Ros dell’Arma, mentre sul piano patrimoniale o legato al travaso di soldi da un conto corrente all’altro, sono in campo i finanzieri del nucleo di polizia tributaria. Undici mesi in apnea, la speranza di un passo falso. Una caccia all’uomo nel corso della quale - in modo puramente incidentale - è stato iscritto nel registro degli indagati anche un imprenditore napoletano, ritenuto responsabile di alcune contraddizioni dinanzi al pm, quando gli chiedeva dei rapporti con la famiglia Materazzo. Questioni di date e di circostanze specifiche, che nulla hanno a che vedere con la strategia dell’inabissamento seguita da Luca. Da allora, dalla metà di dicembre scorso, nessuna traccia dell’aspirante notaio. Che fine ha fatto Luca? Stando alle indagini condotte finora avrebbe interrotto qualsiasi rapporto con il suo contesto familiare e amicale. Da un giorno all’altro, uscendo di casa e lasciando intatte anche le buste della spesa che qualcuno in famiglia gli aveva lasciato vicino alla porta di ingresso. Pochi passi all’esterno del vialetto di casa, lungo viale Maria Cristina di Savoia, passando sul luogo dell’omicidio, per salire su un taxi e andare via. Aveva un trolley, la polizia non aveva ancora un mandato di cattura (non era stata ancora depositata la prova del Dna), si è fatto ospitare in casa di un’amica, dove ha dormito una notte. Poi, il giorno dopo, ancora un taxi, in direzione stazione centrale, per disperdersi nella galleria umana di tipi (tra italiani e immigrati) che affollano le ferrovie di mezzo mondo. Dov’è Luca? È ancora vivo Luca? E di cosa vive? C’è qualcuno che gli manda soldi riuscendo a dribblare il catenaccio di controlli messi in campo dalla Procura? Un anno dopo il delitto dell’ingegnere 51enne, il mistero è ancora fitto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino