Processo Resit, assolto Facchi: Chianese condannato a 18 anni

Giulio Facchi
Il processo Resit si è appena concluso anche in secondo grado. I giudici della Corte di assise di appello di Napoli hanno condannato l’avvocato Cipriano Chianese,...

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Il processo Resit si è appena concluso anche in secondo grado. I giudici della Corte di assise di appello di Napoli hanno condannato l’avvocato Cipriano Chianese, l’imprenditore proprietario della Resit e ritenuto inventore delle ecomafie, e hanno assolto Giulio Facchi, l’ex sub commissario all’emergenza rifiuti tra il 2000 e il 2004.

Facchi, difeso dagli avvocati Riccardo Polidoro e Alessandra Cangiano, è stato assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”: in primo grado era stato condannato a cinque anni e sei mesi, la procura ne aveva chiesto la condanna a trenta anni. Chianese, che all’udienza di oggi prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio aveva chiesto la parola per una dichiarazione spontanea per ribadire la propria difesa, ha ottenuto un lieve sconto di pena: 18 anni di reclusione. 

Per il resto il dispositivo letto poco fa in aula dal presidente Roberto Vescia della quarta sezione della Corte di assise di appello ha confermato solo in parte la sentenza di primo grado. Prescritto il reato di avvelenamento, è rimasto in piedi quello di disastro ambientale per il quale oltre a Chianese sono stati condannati l'imprenditore Gaetano Cerci, a 15 anni, e un tecnico, Remo Alfani, a 10 anni di reclusione. Gli altri imputati sono stati assolti chi per prescrizione e chi “per non aver commesso il fatto” o “perché il fatto non costituisce reato”. Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni della sentenza per conoscere le esatte ragioni della pronuncia.


Il processo nasce dall’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli sui rifiuti sversati nei territori tra Parete e Giuliano e in particolare su quelli di ogni genere che la discarica Resit di Giuliano avrebbe ingoiato per anni e anni. Un invaso diventato “bomba ecologica” secondo l’accusa che ha contestato i reati di disastro ambientale e avvelenamento delle falde acquifere. In primo grado il processo è durato sei anni. In appello c’è stata la rinnovazione del dibattimento con un approfondimento sugli aspetti tecnici affidato a tre consulenti torinesi nominati dal tribunale. Si sono costituiti parte civile il ministero dell’Ambiente, la presidenza del Consiglio dei ministri, la provincia di Caserta, il Comune di Parete e quello di Giugliano, la Città metropolitana di Napoli, la Impregeco e Legambiente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino