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Hanno visionato gli atti trasmessi dal Belgio, a proposito delle accuse di corruzione e di riciclaggio, poi hanno preso in considerazione il report sulle condizioni delle carceri del paese nord Europeo. Istruttoria al termine della quale i giudici del Corte di Appello non hanno avuto alcun dubbio: «Non c’è stata logica persecutoria nei confronti di Andrea Cozzolino; mentre, a proposito delle ipotesi investigative, non emerge che la ricostruzione dell’accusa sia frutto di mera invenzione o sia completamente avulsa dalla realtà».
Eccoli, dunque, i due punti su cui fa leva la decisione della Corte di Appello di Napoli di accogliere la richiesta di consegna dell’europarlamentare napoletano alle autorità belghe. Martedì notte, dopo quattro ore di camera di consiglio, sono stati i giudici della ottava sezione (Caturano, Gallucci, Cioffi) a firmare il provvedimento, a distanza di due mesi dal cosiddetto mandato di cattura europeo. La richiesta di consegna va dunque accolta. Inchiesta che fa leva su un punto in particolare: Cozzolino è accusato (assieme alla ex vicepresidente del consiglio europeo Kaili, al collega Tarabella, ma anche a Panzeri, Giorgi, Arena) di aver ricevuto denaro da un diplomatico del Marocco, per favorire gli interessi del Marocco all’interno del Parlamento europeo.
Scrivono i giudici: «Le difese hanno accennato una partecipazione dei servizi segreti belgi nelle indagini, affermando che si tratta di apparati statali soggetti al vincolo di dipendenza dal governo privi di controllo giurisdizionale. Ebbene, dalla lettura degli atti non si evince ragione per ritenere che le indagini siano state svolte dai servizi segreti, invece che dall’autorità giudiziaria». Difeso dai penalisti Federico Conte e Dezio Ferraro, Cozzolino due giorni fa ha avuto modo di intervenire per la prima volta nel corso del procedimento in cui viene pesantemente chiamato in causa.
Ai giudici napoletani, ha infatti ricordato il carattere fumoso e poco dettagliato delle contestazioni che gli sono state mosse, ma anche la mancanza di ascolto da parte delle autorità belghe: «Prima e dopo che mi venisse revocata l’immunità parlamentare, ho chiesto di essere ascoltato dagli inquirenti, ma non ho avuto risposte». Ora i suoi legali hanno cinque giorni per approntare un ricorso per Cassazione, nel tentativo di ottenere l’annullamento del provvedimento adottato a Napoli e scongiurare la traduzione in un carcere belga. Inchiesta che fa leva sulle accuse di alcuni indagati reo confessi, a proposito di quella sottile linea che separa valutazioni politiche e accordi illeciti.
Il Mattino