Questionario su camorra e legalità, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale Ettore Acerra: «Sì al sondaggio anticlan, più dialogo con i ragazzi»

Questionario su camorra e legalità, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale Ettore Acerra: «Sì al sondaggio anticlan, più dialogo con i ragazzi»
Dialogo. È la parola d'ordine che usa Ettore Acerra, direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, per sottolineare il concetto alla base del...

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Dialogo. È la parola d'ordine che usa Ettore Acerra, direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale, per sottolineare il concetto alla base del «Questionario su Camorra e Legalità» istituito dal Mattino in collaborazione con la Commissione speciale Anticamorra e beni confiscati del Consiglio della Regione Campania, a cui le scuole possono aderire inviando una mail a scuole@ilmattino.it. Dialogare con i giovani è quindi la chiave di volta per capire il loro approccio ma soprattutto il loro pensiero su tematiche come camorra, criminalità e legalità.

Direttore Acerra, anche un Questionario come quello istituito dal Mattino è importante per capire l'opinione degli studenti su camorra e legalità?
«È importante eccome. Rischio di dire una banalità ma coi ragazzi bisogna parlare sempre di più. E bisogna anche far venir fuori quello che potrebbe essere non detto oppure potrebbe non essere chiaro. Cercare di capire i ragazzi come la pensano su tematiche così delicate è senz'altro importante. È anche vero, però, che va fatta grande cautela all'interpretazione dei dati, perché a volte con questo tipo di indagine c'è il rischio di non dare un'adeguata attenzione».

Secondo lei è possibile che i ragazzi oggi non abbiano contezza di cosa sia realmente la criminalità organizzata ma ne abbiano un'opinione basata su serie tv o film?
«Questa credo sia una delle tematiche delicate. Perché come scuola, ma anche in tutto il sistema Campania, dobbiamo cercare di non abbassare mai la guardia e non dare per scontato che i ragazzi conoscano davvero quello che è stato. Cioè, non avendo vissuto alcuni periodi storici, c'è il rischio che non comprendano fino in fondo quello che la camorra ha causato e causa ancora. Abbiamo quindi un forte dovere di informazione e formazione educativa nei confronti dei ragazzi».

Anche perché la camorra ha la capacità di cambiare d'abito facilmente, e di certo di non adeguarsi a cliché.
«Anzi, ascoltando coloro che con la criminalità organizzata hanno a che fare ogni giorno, e parlo cioè di magistrati, polizia e carabinieri, emerge che negli ultimi 20-30 anni ha cambiato strategie e modalità di azione. Questo perché c'è stata una forte azione dello Stato e questo i ragazzi devono saperlo, la risposta alla criminalità è stata forte e li ha obbligati ad adeguarsi cioè non agire solo con la violenza diretta ma indossare abiti impeccabili di imprenditori. La camorra si è appropriata di attività economiche e aziende, spesso costringendo i proprietari a fare da prestanome o creando un sistema di scatole cinesi per eludere controlli. Ecco, questa evoluzione che si è avuta in Campania e Sicilia in particolare, ma presente in tutto il Paese, sono argomenti di cui parlare con gli studenti per mostrare loro cos'è oggi la criminalità organizzata. Dire loro di come oggi si sia estesa alle regioni del Nord, come sottolineano i magistrati».

Altro compito complesso è l'educazione alla legalità.
«Sono d'accordo. Si parla di tanti progetti sulla legalità, ma come Sistema Scuola non insistiamo sul fatto che la legalità debba essere vissuta tutti i giorni. Dobbiamo praticare la legalità in ogni aspetto della società, sia come pubblica amministrazione che come cittadini. L'impressione è che certe volte i giovani non si rendono conto che un sistema di regole condiviso è uno dei fondamenti della democrazia, serve per viverla ed è uno strumento di libertà. Quindi collegare l'educazione alla legalità ai comportamenti di tutti i giorni, all'educazione civica, ai concetti democratici è fondamentale».

C'è poi il tema della dispersione, connesso purtroppo alla criminalità.


«È un tema particolarmente complesso. Abbiamo dati di dispersione e abbandono fisico cioè di ragazzi che perdiamo del tutto nel corso degli anni, e poi di dispersione implicita cioè quelli che frequentano poco e non raggiungono le competenze minime di cittadinanza. Come Ufficio Scolastico regionale stiamo lavorando su alcuni dati, ma soprattutto vorremmo cercare di capire cosa è stato fatto in questi anni, perché alcuni progetti non hanno dato i risultati sperati. Dobbiamo capire però quali sono le migliori pratiche da mettere in atto per combattere il fenomeno della dispersione».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino