«Qui sono nato e qui morirò», il post profetico del 19enne ucciso dai clan

«Qui sono nato e qui morirò», il post profetico del 19enne ucciso dai clan
A modo suo, sognava in grande. Non a caso si faceva chiamare «Pisellino», come l'anti-eroe che compare nel film «Gomorra» di Matteo Garrone. E come...

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A modo suo, sognava in grande. Non a caso si faceva chiamare «Pisellino», come l'anti-eroe che compare nel film «Gomorra» di Matteo Garrone. E come quel personaggio cinematografico, perso nei labirinti che portano alle strade dell'inferno di una camorra violenta e spietata, anche Emanuele Errico è sprofondato in quell'abisso. Lo hanno ucciso come un boss, con un solo colpo alla schiena esploso da una pistola semi-automatica.


Il confine tra la vita e la morte, quando nasci e vivi in zone di periferia abbandonate al degrado umano e morale come Ponticelli, è un diaframma sempre pronto a spezzarsi. Eppure dietro questo ennesimo omicidio di chiara matrice camorristica potrebbero disvelarsi dinamiche non necessariamente riconducibili ai grandi riposizionamenti dei cartelli criminali che cercano di accaparrarsi le fiorenti piazze dello spaccio nell'area orientale, diventata terra di conquista dopo la disgregazione del clan De Micco.
 
Si sentiva forte e protetto, «Pisellino». Al punto da sfidare le forze dell'ordine che pure operano una costante pressione sul territorio di Ponticelli. L'altra sera, quando è stato ucciso a pochi passi da casa, in via Al Chiaro di Luna, passeggiava a piedi nel dedalo di corti e vicoli che circondano il famigerato Rione Conocal, dove a ogni angolo trovi una piazza di spaccio di «fumo», cocaina e kobret. Se solo avesse rispettato i rigori di una condanna che gli imponeva gli arresti domiciliari, probabilmente oggi sarebbe ancora stato in vita. Ma lui era fatto così: amava il rischio e si sentiva forte, invincibile. «Qui sono nato e qui morirò, nel Rione Conocal», scrisse qualche mese fa sul suo profilo Facebook: e la profezia si è tragicamente realizzata. E sempre sulle pagine del social network Emanuele rilanciava spesso e volentieri le immagini di un amico fraterno, Mariano Abbagnara, che ebbe anche un ruolo di comparsa nel docu-film «Robinù» realizzato da Michele Santoro dedicato alle generazioni di baby criminali perdute nell'inferno delle periferie napoletane. Abbagnara, finito in galera a soli 17 anni, era e resta per molti giovanissimi di Ponticelli un simbolo nero: secondo alcune informative sarebbe stato guaglione di fiducia dei «Fraulella», gli affiliati al clan De Micco.
 
Al lavoro, nelle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (sostituto procuratore Antonella Fratello), ci sono i carabinieri del nucleo operativo del comando provinciale di Napoli. Gli investigatori battono molte tracce, e tra queste ce n'è una il cui solco appare più profondo. Si sta cercando di ricostruire gli ultimi giorni di vita di Emanuele Errico, scandagliando in particolare le ore durante le quali si sarebbe spostato - evadendo dai domiciliari - per incontrare qualcuno tra il Conocal e Volla. Il rione-bunker dista poco meno di un paio di centinaia di metri dal comune vesuviano.

Probabilmente la chiave di lettura di questo omicidio è da ricercarsi proprio lungo questo asse. E potrebbe circoscriversi agli ambienti della piccola criminalità organizzata: quella che si contende ogni giorno, metro per metro, gli spazi dello spaccio. Sorretto da uno sconfinato senso di personale potenza, questo ragazzino persosi da tempo lungo una strada che non porta da nessuna parte ha immaginato di poter sfidare qualcuno più forte di lui. Forse dietro la sua condanna a morte c'è un litigio consumatosi in strada proprio a Volla; o - forse - una piccola partita di stupefacente non consegnata o non pagata. Saranno gli approfondimenti investigativi a confermarlo, ma questa appare la pista più probabile.

Meno convincente invece il riposizionamento dei quadri criminali che pure indicano come su Volla si stiano estendendo le mire di un gruppo che fa capo a due famiglie di delinquenti che, dalla vicina Brusciano, avrebbero preso di mira proprio l'area orientale: i Minichini-Schisa e i Mammoliti-Baldassarre, nomi che ai più diranno poco ma che vengono monitorati da tempo da polizia e carabinieri.

C'è anche un altro elemento che induce gli inquirenti alla cautela, rispetto all'omicidio consumatosi giovedì sera nel cuore del Rione Conocal. È quello che riporta all'arma utilizzata per ammazzare il 19enne: una pistola semiautomatica, raramente utilizzata da killer professionisti. Chi l'ha impugnata, puntandola alle spalle di «Pisellino» e tirando il grilletto a distanza abbastanza ravvicinata, conosceva bene lo stato dei luoghi; inoltre, entrando in azione a soli pochi passi dal civico numero 100 di via Al Chiaro di Luna - dove la vittima abitava - lo ha fatto sapendo di poter correre relativamente pochi rischi. E questo induce a ipotizzare anche un altro ragionamento: o il sicario abita nella stessa zona, o ha goduto di appoggi significativi, e forse anche di uno «specchiettista»: cioè di una «vedetta» che potrebbe aver segnalato la presenza del ragazzo, segnalandone l'esatta posizione al killer e ai suoi eventuali fiancheggiatori.

Al di là del giallo, e ben oltre le nebbie che ancora avvolgono il mistero della morte di Emanuele Errico, restano sullo sfondo altri significativi particolari che non possono essere ignorati se si vuole ricostruire il delitto inquadrandolo in un più ampio contesto camorristico.

E a parlare chiaramente, in questo caso, resta la lunga sequela di raid armati, di attentati intimidatori e di «stese» che si sono succedute - negli ultimi sei-sette mesi - proprio lungo le strade del Rione Conocal. Nel fascicolo dei magistrati della Procura antimafia di Napoli sono confluite decine di informative di polizia e carabinieri che riportano il clima di terrore imposto a furor di piombo e di fuoco dalle bande di giovani armati che - nonostante la pressione esercitata dalle forze dell'ordine nel controllo di un territorio difficile e aspro - hanno imperversato tra via Mario Palermo, via Flauto Magico e via Al Chiaro di Luna. Un fazzoletto di terra nel quale si è materializzata una tra le più dense concentrazioni di «stese». Il massimo picco di raid si sarebbe concentrato, guarda caso, proprio nell'ultimo mese, e in particolare dopo Pasqua. E anche questo va tenuto in considerazione per inquadrare il clima di fibrillazioni criminali che continuano a scuotere Ponticelli e tutto il resto dell'area orientale di Napoli.


Resta da capire se nel mirino di chi ha assassinato «Pisellino» ci fosse anche il 30enne rimasto ferito ad una gamba dai proiettili esplosi in via Al Chiaro di Luna: Rosario Ciro Denaro. Pur non essendo pregiudicato, l'uomo è comunque noto alle forze dell'ordine, anche se appare poco probabile che fosse obiettivo dei sicari entrati in azione. Ricoverato in ospedale, Denaro verrà ascoltato nelle prossime ore dagli investigatori per chiarire i motivi della sua presenza, giovedì sera, sul luogo del delitto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino