Racket e usura, condannati in primo grado presunti esponenti della camorra di Secondigliano. È stato il gup Campanaro del Tribunale di Napoli a condannare i presunti...
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Ma in cosa consistono le accuse? Come si arriva a condanne tanto elevate? Si parte da alcune intercettazioni, che evidenziano le minacce riservate alle vittime di usura: «Vendi i figli e portaci i soldi. Allora non hai capito? Devi vendere i tuoi figli e devi pagare i soldi che hai comprato, quelli che ti abbiamo venduto». E ancora: «Non te lo dovrei dire, ma è meglio che qui a Napoli non torni più». Parole, paura e violenza intercettate in tempo reale. In poche anni, il prestito iniziale lievitava, cresceva in modo esponenziale. In un caso aveva raggiunto fino a 250mila euro in più rispetto alla somma iniziale. Sull'altro versante, ad essere indicati come vittime, ci sono commercianti, imprenditori, ex titolari di aziende che hanno dichiarato il fallimento, gente che si è messa in mano alla «banca della camorra», costretta a farsi prestare soldi diventati la loro condanna. C'è chi è finito in ospedale, con le ossa rotte, limitandosi a denunciare un semplice incidente di viabilità, provando - forse - a nascondere vessazioni e pestaggi; c'è chi invece ha lasciato Napoli, di fronte a quella minaccia chiara, che quasi sempre ha una voce femminile: «Non me ne fotte dei problemi che hai avuto, portaci i soldi che ti abbiamo prestato, se non li tieni, venditi i figli, altrimenti te li ammazziamo, e portaci i soldi». Scenario particolarmente attuale, anche alla luce dell'emergenza covid che ha paralizzato tante attività commerciali e ha duramente colpito l'economia domestica di tantissime persone. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino