Racket e usura, condannato il ras di Secondigliano: «Se non hai i soldi portaci i tuoi figli»

Racket e usura, condannato il ras di Secondigliano: «Se non hai i soldi portaci i tuoi figli»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 23 Luglio 2020, 09:30
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Racket e usura, condannati in primo grado presunti esponenti della camorra di Secondigliano. È stato il gup Campanaro del Tribunale di Napoli a condannare i presunti responsabili di una trama che si sarebbe abbattuta nei mesi scorsi su settori del commercio e del mondo delle imprese a nord di Napoli. Secondigliano, comuni dell'asse mediano, soldi a strozzo. Poi estorsioni. In questo scenario vengono inflitti quattordici anni nei confronti di Gennaro Trambarulo; otto anni e quattro mesi nei confronti di Carmela Pellegrini, sua convivente; nove anni di reclusione nei confronti di Sabatino Pellegrini (fratello di quest'ultima). Inchiesta condotta dai pm Alessandra Converso, Ida Teresi e Maria Sepe, riflettori puntati su quella che veniva ritenuta la cassaforte della camorra targata Alleanza di Secondigliano. Non ci sono solo anni di galera da scontare, dal momento che il giudice infligge anche tre anni di misura di sicurezza, all'esito della fine della condanna e la sospensione della potestà genitoriale.

Ma in cosa consistono le accuse? Come si arriva a condanne tanto elevate? Si parte da alcune intercettazioni, che evidenziano le minacce riservate alle vittime di usura: «Vendi i figli e portaci i soldi. Allora non hai capito? Devi vendere i tuoi figli e devi pagare i soldi che hai comprato, quelli che ti abbiamo venduto». E ancora: «Non te lo dovrei dire, ma è meglio che qui a Napoli non torni più». Parole, paura e violenza intercettate in tempo reale. In poche anni, il prestito iniziale lievitava, cresceva in modo esponenziale. In un caso aveva raggiunto fino a 250mila euro in più rispetto alla somma iniziale. Sull'altro versante, ad essere indicati come vittime, ci sono commercianti, imprenditori, ex titolari di aziende che hanno dichiarato il fallimento, gente che si è messa in mano alla «banca della camorra», costretta a farsi prestare soldi diventati la loro condanna. C'è chi è finito in ospedale, con le ossa rotte, limitandosi a denunciare un semplice incidente di viabilità, provando - forse - a nascondere vessazioni e pestaggi; c'è chi invece ha lasciato Napoli, di fronte a quella minaccia chiara, che quasi sempre ha una voce femminile: «Non me ne fotte dei problemi che hai avuto, portaci i soldi che ti abbiamo prestato, se non li tieni, venditi i figli, altrimenti te li ammazziamo, e portaci i soldi». Scenario particolarmente attuale, anche alla luce dell'emergenza covid che ha paralizzato tante attività commerciali e ha duramente colpito l'economia domestica di tantissime persone.

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