Il reddito di cittadinanza ai camorristi: nella lista le donne dei boss e gli affiliati in cella

Sequestrati 12 carte postamat, quattro abitazioni, sei automobili e 32 conti correnti

Il reddito di cittadinanza ai camorristi
Il reddito di cittadinanza ai nuclei familiari di boss, affiliati, detenuti e anche di un killer. E tra questi, anche la famiglia del baby boss ammazzato un mese fa in un agguato...

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Il reddito di cittadinanza ai nuclei familiari di boss, affiliati, detenuti e anche di un killer. E tra questi, anche la famiglia del baby boss ammazzato un mese fa in un agguato di camorra percepiva il sussidio. In totale sono venti le persone indagate in gran parte donne per truffa aggravata per l'indebito conseguimento di erogazioni pubbliche e omessa comunicazione delle variazioni di informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o riduzione del reddito di cittadinanza, tutte destinatarie di un decreto di sequestro preventivo per un totale di 220mila euro, emesso dal gip del tribunale di Torre Annunziata Mariaconcetta Criscuolo su richiesta della Procura oplontina.

Tra gli indagati figurano anche tre detenuti, finiti in carcere o ai domiciliari per reati di camorra, che non hanno comunicato all'Inps questa variazione e che avrebbero continuato a percepire il sussidio nonostante fossero in cella. L'inchiesta, coordinata dalla Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituto Giuliana Moccia), è stata condotta dai carabinieri del nucleo investigativo del Gruppo oplontino. Gli investigatori sono partiti dagli indagati di diverse inchieste che riguardano i clan D'Alessandro di Castellammare di Stabia, De Luca Bossa-Minichini del rione Ponticelli a Napoli, Quarto Sistema di Torre Annunziata, Batti di San Giuseppe Vesuviano e Terzigno, Di Gioia-Papale di Torre del Greco ed Erolano, controllando le situazioni patrimoniali dei vari nuclei familiari. 

«Le indagini - scrive in una nota il procuratore Fragliasso - hanno consentito di rilevare che gli indagati, tutti legati da vincoli di parentela ad esponenti di diverse consorterie criminali locali, avrebbero indebitamente percepito il beneficio del «reddito di cittadinanza, nel periodo compreso tra i mesi di marzo 2019 e settembre 2021». Il blitz è scattato la scorsa notte, quando i carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata hanno notificato il decreto di sequestro nei confronti dei venti indagati. Sotto sigilli sono finiti 12 carte postamat per reddito di cittadinanza, quattro abitazioni, una quota societaria al 100% del valore di 10mila euro, sei automobili, 32 rapporti finanziari (tra conti correnti, libretti e buoni il cui valore non è stato ancora quantificato), 17mila euro in contanti, un assegno circolare del valore di 10mila euro e un collier in oro. 

A parte i tre detenuti Vincenzo Somma, Francesco Guida e Vincenzo Schettino, sono indagati in gran parte mogli, compagne e madri di diversi boss e affiliati ai vari clan del Napoletano. A cominciare dalla 48enne Maria Concetta Toglia, madre di Alessio Bossis, il 22enne ucciso un mese in un agguato a Volla, appena due mesi dopo una clamorosa assoluzione con conseguente scarcerazione. Ritenuto l'aspirante boss di Ponticelli, era stato in carcere per quasi quattro anni, poiché ritenuto uno dei responsabili della stesa in piazza Trieste e Trento, pieno centro di Napoli. Nel frattempo, in piena pandemia sua mamma avrebbe ottenuto il reddito di cittadinanza, omettendo di comunicare all'Inps che suo figlio era detenuto per reati di camorra, sussidio percepito fino ad agosto 2021 per un totale di circa 13mila euro. Come lei sono accusate anche la moglie e la sorella del boss Alan Cristian Batti che, dopo i trascorsi del papà nella «mala» di Milano, aveva deciso di rifondare il clan di famiglia all'ombra del Vesuvio, tra San Giuseppe e Terzigno. A Castellammare di Stabia, secondo l'Antimafia per anni il reggente del potente clan D'Alessandro era stato Sergio Mosca, che avrebbe assunto il ruolo di «manager» della cosca stabiese, oggi giunta alla terza generazione di camorristi. Sua moglie Giulia Di Vuolo avrebbe percepito circa 8mila euro da maggio 2020 ad agosto 2021, semplicemente omettendo di dire all'Inps che il marito era stato arrestato. I due coniugi sono nonni materni del 24enne Luigi D'Alessandro junior, a processo per fatti di camorra. Stesso discorso per Anna Buonomo, moglie di Giovanni D'Alessandro, cugino dei boss stabiesi e in quel periodo nella triade alla guida del clan: lei avrebbe ottenuto indebitamente circa 9mila euro. Tra gli altri boss emergenti, compare anche il nome di Rosaria Sentiero, moglie di Pasquale Cherillo, che a Torre Annunziata avrebbe fondato il cosiddetto «quarto sistema», un nuovo clan di camorra per contrastare i Gionta. Nel Salernitano, infine, a percepire il reddito di cittadinanza c'era Teresa Scalea, moglie di Francesco Mogavero, ritenuto elemento di spicco del clan Pecoraro-Renna di Pontecagnano, già condannato in appello a trent'anni di carcere come mandante di un omicidio di camorra. 

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Il Mattino