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Uno dei capi del Quarto Sistema di camorra, rivale del clan Gionta aveva ottenuto il reddito di cittadinanza durante l'emergenza Covid, ma non risultava residente in Italia. Con Luca Cherillo, 33enne di Torre Annunziata attualmente detenuto, altre nove persone di cui otto cittadini stranieri e un uomo residente a Poggiomarino avrebbero omesso di dichiarare il possesso di più veicoli oppure hanno dichiarato di essere in Italia da più di dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi.
Questo è quanto emerso nel corso delle indagini dei carabinieri di Poggiomarino e del nucleo investigativo di Torre Annunziata, coordinate dalla Procura oplontina (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituto Antonio Barba). Ieri mattina, i carabinieri della compagnia di Torre Annunziata hanno eseguito tra Poggiomarino, Boscoreale e Bologna un decreto di sequestro preventivo per circa 60 mila euro totali emesso dal gip del tribunale oplontino Fernanda Iannone, su richiesta della Procura, nei confronti di dieci indagati, accusati di truffa aggravata per l'indebito conseguimento di erogazioni pubbliche.
«Oggetto del sequestro è la somma complessiva di 60 mila e 720,45 euro, che gli indagati avrebbero percepito indebitamente nel periodo compreso tra i mesi di maggio 2019 e marzo 2021», scrive in una nota il procuratore Fragliasso.
Tra cittadini rumeni, bulgari e marocchini che nel 2019-2020 era in Italia da meno di dieci anni requisito essenziale per poter ottenere il beneficio spunta anche il nome di un 55enne di Poggiomarino, anche lui con residenza incerta e irreperibilità per alcuni anni. Ultima residenza lontana dalla Campania, è emerso che il 55enne sia proprietario di ben 19 veicoli tra auto e moto, mai dichiarati al momento della presentazione della domanda all'Inps per ottenere il reddito. Ieri mattina è scattato il blitz, con perquisizioni e sequestri di beni nei confronti dei dieci indagati. Da inizio anno, sono diverse le operazioni coordinate dalla Procura di Torre Annunziata che hanno colpito i percettori del sussidio. Tra questi, familiari di camorristi, parenti di boss e pregiudicati, alcuni addirittura detenuti. Dalle indagini, nei mesi scorsi è emerso che molte famiglie di camorra abbiano fatto richiesta di sostegno proprio nel periodo del lockdown, quando le finanze dei clan erano in «rosso», oppure come sfida allo Stato. Tra usurai e spacciatori, poi, alcuni non avrebbero comunicato all'Inps di essere finiti in carcere e avrebbero continuato a percepire il beneficio nonostante fossero detenuti.
Il Mattino