L'emergenza Coronavirus sembra attenuarsi ma lo slogan dei tre mesi di lockdown «distanti ma uniti» può ancora perfettamente applicarsi al centrodestra,...
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Se a Roma un tricolore lungo 500 metri è stato srotolato in via del Corso con centinaia di persone assembrate incuranti della pandemia, nella piazza partenopea la bandiera italiana era dieci volte più piccola, ma comunque in grado di occupare lo spazio tra il Palazzo delle Poste e il centro della strada. Circa duecento militanti con mascherine e cartelli di protesta contro il Governo tra le mani. I primi ad arrivare sono stati i dirigenti leghisti provenienti dalla sede del partito a due passi dalla piazza. Nessun discorso o arringa, solo un altoparlante dal quale risuonavano le note dell'inno di Mameli. Neppure nessuna contestazione di sardine o centri sociali generalmente molto attivi quando il Carroccio organizza manifestazioni in città. Poco lavoro per la Questura che con una decina di mezzi della Polizia ha solo presidiato gli spazi. Per qualche minuto si è aggirato in piazza anche qualche ragazzotto nostalgico - probabilmente di Forza Nuova - in tenuta completamente nera, probabilmente sensibile al richiamo dell'architettura razionalista del Ventennio ben rappresentata dal Palazzo delle Poste. La manifestazione era prevista per le 11, ma solo dopo le 11,30 fa capolino Stefano Caldoro accompagnato da Armando Cesaro. Non c'era il coordinatore di Fi, Mimmo De Siano. «Non c'erano neppure - spiegano da Fi - i pari ruolo di Carroccio e Fdi, Nicola Molteni e Antonio Iannone». I tre partiti ci sono tutti, ma restano distanti per oltre un'ora senza parlarsi.
È Stefano Caldoro - quando i cronisti fanno notare le distanze eccessive - a fare il primo passo verso Gianluca Cantalamessa e Aurelio Tommasetti. Per tutto il tempo erano restati divisi dallo striscione tricolore srotolato al centro della piazza. Nessuna stretta di mano, ma si danno il gomito come consigliato ai tempi del Covid-19 e parlottano sorridendo. Nessuno ha intenzione di prestare il fianco alle polemiche interne divampate sul nome del candidato per Palazzo Santa Lucia. «Con questa piazza - dice Caldoro - abbiamo dato un segnale di unità», anche se in pochi l'hanno notata. Sa di essere il candidato in pectore della coalizione e, dalla sua, l'ex governatore ha ricevuto rassicurazioni da Berlusconi e Tajani. «Avrei potuto avere un posto blindato in Parlamento - spiega Caldoro ai cronisti - e invece sono rimasto a capo dell'opposizione in Regione». Poi la stoccata: «Avremmo dovuto scegliere il candidato tempo prima - osserva Caldoro - non è una questione di partiti, ma di squadra».
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Eppure la tregua armata appare ancora palese. I tre leader nazionali saranno chiamati a trovare la quadra entro poche ore quando è previsto un incontro per fissare i candidati nelle sei Regioni al voto. Tutti gli accordi sono stati ridiscussi dalla Lega, ma Berlusconi è consapevole che il partito campano difficilmente accetterebbe senza conseguenze l'eventuale scippo di un nome di bandiera. È stato messo in campo anche il nome di Antonio Martusciello, ma per i vertici regionali di Fi il cavallo su cui puntare resta Caldoro. Venerdì a Napoli arriva Salvini con l'idea di presentare oltre ai due nuovi subentrati, Severino Nappi e Giampiero Zinzi, anche lo sfidante di Vincenzo De Luca. Il countdown è appena iniziato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino