MARANO. "Per oltre un ventennio Poggio Vallesana, frazione di Marano, è stata la Corleone in continente". Nel giorno della scomparsa di Totò Riina, il capo...
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I primi contatti tra siciliani e maranesi sono datati fine anni Sessanta. Rapporti instaurati in carcere da Antonio Orlando, meglio noto come 'o Mastrone, cugino di "Tanino 'e Bastimento, l'uomo che assassinò Pascalone 'e Nola", e nipote di una Orlando, Maria, che sposò il capostipite della famiglia Nuvoletta. Da quell'unione nacquero i fratelli Lorenzo, Angelo e Ciro Nuvoletta, che qualche anno dopo - sfruttando quel canale creato proprio da Antonio Orlando, zio di quegli Orlando assicurati alla giustizia nei mesi scorsi - entrarono in affari con i Corleonesi. Business apparentemente leciti, come quello legato al mercato dell'ortofrutta, e quelli decisamente meno nobili: traffico di armi (Aniello Nuvoletta è stato uno dei più grandi trafficanti a livello mondiale), contrabbando di sigarette ed eroina. I rapporti si intensificano negli anni a venire, tanto che nella metà degli Ottanta Marano diviene il fulcro, il punto di riferimento di un grande cartello criminale (Nuova Famiglia) che si sarebbe poi scontrato, uscendone vittorioso, con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.
In quegli anni i mafiosi di Corleone sono di casa a Montesanto. Totò Riina, che a Marano ha trascorso alcuni periodi della sua lunghissima latitanza, ha spesso inviato i suoi emissari in città e, tra questi, Giovanni Brusca, l'uomo che insegnerà ai maranesi a sciogliere i cadaveri nell'acido. I racconti, gli aneddoti riferiti a quel periodo si sprecano. Chi ha vissuto nelle zone immediatamente a ridosso della tenuta dei Nuvoletta racconta dei colpi di arma da fuoco, esplosi anche in pieno giorno, da un poligono ricavato nella masseria.
Lì perfezionavano la mira i componenti del gruppo di fuoco dei Nuvoletta: Luigi Baccante, Armando Del Core e Ciro Cappuccio, gli uomini che nel 1985 tolsero la vita al giornalista del Mattino Giancarlo Siani. Ma a Marano non erano di casa soltanto i latitanti legati a Riina e Provenzano, ma anche alcuni sorvegliati speciali, malavitosi siciliani che lo Stato - negli antecedenti all'alleanza tra Nuvoletta e Riina - aveva trasferito proprio nella città che sarebbe poi diventata una succursale di Corleone. "Picciotti", uomini d'onore che in tanti, ancora oggi, ricordano seduti ai tavolini del bar del centro o nei vecchi saloni dei barbieri di via Merolla, nella zona feudo del clan Orlando. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino