Si sgonfia, e non di poco, lo scandalo delle tessere elettorali, ben 321, dentro le quali era stato inserito un fac simile della scheda per le elezioni del nuovo consiglio...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Il gip del Tribunale di Napoli Nord, Raffaele Coppola, ha rimesso in libertà i tre arrestati, Luigi Chiarello (solo omonimo del candidato di centro destra), proprietario dell’abitazione dove si stavano “maneggiando” le tessere elettorali, suo nipote Giuliano Di Giuseppe e Angelo D’Andrea, detto “Angelone” per la stazza fisica, sopresi sabato mattina alle quattro dai carabinieri. E non solo questo. Il giudice per le indagini preliminari, non solo ha derubricato il grave reato di associazione per delinquere (che prevede una lunga detenzione preventiva) finalizzata alla truffa elettorale, con quello di corruzione semplice, ma contestato all’accusa che al momento dell’’irruzione dei carabinieri era di fatto trascorso quel tempo ragionevole per configurare la flagranza di reato, anche bacchettato l’accusa, rimarcando che in casi come questi che raffigurano reati così gravi: «Le indagini devono essere, precise, rigorose e prodonde».
E, pur accogliendo agli atti, la circostanza che le tessere elettorali contenevano il nome del candidato e l’indicazione della somma da versare o già elargita, ha rimesso in libertà, senza alcun vincolo e misure cautelari (arresti domiciliari, obbligo di soggiorno, firma presso un posto di polizia) i tre arrestati. La loro vicenda giudiziaria, però, se pur sgravata dai reati più gravi, li vedrà comunque indagati in un processo per corruzione elettorale semplice. Esultano gli avvocati difensori, Marco Spena e Antonio Verde (difensori di Luigi Chiariello e suo nipote) e Marco Natale, (legale di Angelo D’Andrea). «Il gip – commenta Marco Spena – ha accolto tutte le nostre tesi, soprattutto per l’estraneità completa di Giuliano Di Giuseppe, ai fatti contestati perché quella sera era ospite presso l’abitazione dello zio. Caduta l’accusa per quest’ultimo, per il quale l’accusa non ha prodotto nemmeno una prova del suo coinvolgimento della vicenda, è venuta meno anche l’associazione per delinquere e il tutto si è sgonfiato». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino