«Io Partenope», l'ultimo romanzo del compianto Vassalli nella Napoli del '600

«Io Partenope», l'ultimo romanzo del compianto Vassalli nella Napoli del '600
A poco più di un mese dalla sua scomparsa arriva in libreria per Rizzoli l'ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli, scritto sapendo del procedere impietoso della sua malattia,...

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A poco più di un mese dalla sua scomparsa arriva in libreria per Rizzoli l'ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli, scritto sapendo del procedere impietoso della sua malattia, che gli ha negato anche di poter ritirare il 12 settembre a Venezia il Campiello alla carriera.




Un romanzo storico, come sua abitudine, ma, sin dall'annuncio del titolo che è composto dalle prime due parole del libro, 'Io, Partenope', con la novità di essere scritto in prima persona, come sin'ora era accaduto solo per gli scritti a fondo autobiografico, come il bellissimo 'L'oro del mondo'. L'io narrante ora è Giulia Di Marco, una donna realmente esistita nel Seicento, come spiega Vassalli stesso nelle pagine finali del 'Congedo', suora di cui conosciamo la storia che ci tramandano i fascicoli dell'Inquisizione e che invece lo scrittore fa parlare per riferirci la verità sulla propria vita, una religiosa che ha dedicato la vita ad aiutare gli altri, nota a Roma col nome di suor Partenope, venendo lei dal Molise, cresciuta a Napoli e morta a Roma, altra novità per Vassalli, sempre legato a piccoli paesi del nostro settentrione. Si ricordi, ambientato nella stessa epoca, 'La chimera' (Premio Strega 1990), sfaccettato ritratto psicologico di una ragazza cresciuta sotto il Monte Rosa, che per la sua straordinaria bellezza attira gli interessi e, vista come strega ammaliatrice, la persecuzione del clero controriformista di quel periodo. L'affabulazione in prima persona finisce per essere coinvolgente e diretta, in una narrazione ben ritmata e articolata, con molti avvenimenti, riferimenti e osservazioni («Dico troppo? Dico cose già note?») di una donna ben cosciente di sé, sempre rivolte all'interlocutore, Vassalli stesso che immagina di incontrarla in una chiesa romana in quello che «non è il suo tempo e non è ancora il mio: è il tempo della letteratura dove tutto o quasi tutto è possibile».



Suor Giulia attirerà a Napoli l'attenzione del Sant'Uffizio per il successo e il numero di seguaci conquistati dalla sua pratica di una preghiera e un'unione mistica in linea diretta con Dio, senza la Chiesa a far da intermediaria. Viene quindi confinata in due monasteri, da cui verrà liberata per l'insistenza popolare dei suoi fedeli, così che gli anni tra il 1610 e il 1614 saranno di grande gioia e libertà, protetta persino dal viceré spagnolo. Ma tanto successo non potrà che portare a insinuazioni, maldicenze e nuove persecuzioni, con arresto, traduzione a Roma e processo per eresia. Condannata, le verrà estorta con la tortura una pubblica abiura, dopo la quale verrà accolta nella casa romana dell'arcivescovo di Napoli Carafa, dove incontrerà Gian Lorenzo Bernini, cui la legherà una profonda amicizia e le comuni radici napoletane. E la figura del grande artista e architetto acquisterà, nel finale del romanzo, molto spazio con la propria vita tumultuosa. Giulia ormai vecchia verrà portata più volte a vedere le sue ultime opere nello studio dove le racconta di sé, o le spiega che «Napoli è una città femmina e perciò gli uomini, più che altrove, sono ossessionati dalla virilità.... e Roma invece non è né maschio, né femmina: è la città dei papi, centro mondiale di una religione che si illude di avere un'immagine e una forma, ma non ha né l'una, né l'altra», in linea con l'immagine ipocrita e feroce che della Chiesa esce dalla persecuzione di suor Partenope.



Vassalli, romanziere storico, ma alieno dal colore e dalla ricostruzione d'ambiente romanzesca fine a se stessa, col suo indagare, studiare e raccontare il passato, partendo dalle invasioni barbariche per arrivare a Medioevo e Controriforma e proseguendo sino ai nostri giorni con la Grande guerra, il fascismo e i caldi anni '70, ha provato ancora una volta a soffermarsi su momenti simbolici e esplicativi del formarsi di un paese e dei suoi abitanti, cercando di spiegarne l'identità, l'umanità, la psicologia, la cultura e i risvolti storico-sociali, come per scoprire radici che sono ancora quelle che ci fanno essere quel che siamo oggi. Una ricerca che lo porterà, tra l'altro, a scrivere nel 2007 alcune storie esemplari e molto critiche, col titolo 'L'italiano', mentre questo ultimo romanzo conclude il 'Congedo' con la dichiarazione netta: «Ho raccontato l'Italia».
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Il Mattino