Ruba caramelle nel supermercato dove lavora, la Cassazione: «Giusto il licenziamento»

Ruba caramelle nel supermercato dove lavora, la Cassazione: "Giusto il licenziamento"
La sentenza. Rubare le caramelle, un furtarello da meno di 10 euro, può costare il posto al dipendente di un supermercato. La Cassazione ha confermato il licenziamento per...

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La sentenza. Rubare le caramelle, un furtarello da meno di 10 euro, può costare il posto al dipendente di un supermercato. La Cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa di un addetto al rifornimento degli scaffali trovato a fine turno in possesso di merce (di poco valore) che non aveva pagato. Ad avviso della Corte il comportamento «fraudolento» ha minato in maniera irreversibile il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.


All'uscita dal supermercato era scattato l'allarme antitaccheggio, attivato da adesivi invisibili posti sui pacchetti di gomme e caramelle, ma il dipendente non era riuscito a spiegare la loro presenza nelle sue tasche. Aveva parlato di un piano contro di lui architettato dal capo della sicurezza, che avrebbe voluto incastrarlo. Ma il giudice non aveva riscontrato alcuna prova per tali accuse e aveva confermato il licenziamento, nonostante il dipendente non avesse precedenti disciplinari, e i beni sottratti fossero di scarso valore.

La decisione era stata quindi confermata dalla Corte d'Appello di Napoli. Anche la Cassazione ha condiviso il giudizio di «gravità della condotta contestata e proporzionalità della sanzione espulsiva». «Il dimostrato carattere fraudolento - scrive la sezione Lavoro nelle sentenza n. 24014 - nella specie palesemente doloso e premeditato, della condotta del lavoratore è stato ritenuto sintomatico della sua, anche prospettica, inaffidabilità e, come tale, idoneo ad incidere in maniera grave ed irreversibile sull'elemento fiduciario, nonostante la modesta entità del danno patrimoniale e la mancanza di precedenti disciplinari». L'ex dipendente è stato condannato anche a pagare le spese di giudizio in Cassazione, per oltre 3.500 euro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino