«Morte sociale per i camorristi, per gli assassini, per i delinquenti, per tutto questo schifo». Lo dice Pasqualino Mauri, figlio del più feroce capoclan della...
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Ne ha due di figli, Pasqualino, che con sua moglie Teresa ha deciso di chiamare Vincenzo e Sharon. Il nome di suo padre, il boss «settevite» scampato a molti attentati in Italia e in Perù, e quello della sua madre inglese che ha creduto morta fin quando, già quasi uomo, ha scoperto che non era così. Era andata via la sua mamma, ma non aveva potuto portarlo con sé o cercarlo. Lo ha fatto lui, ormai già uomo e solo dopo la morte del padre, seguendo le sue tracce in un lungo viaggio tra Londra e Bodega Bay, in California. Un solo filo conduttore per la sua vita: essere diverso da quel padre che nella sua terra, dove Pasquale ha scelto di restare, ricordano ancora tutti. Gestiva giri di usura, stupefacenti, appalti edili e slot machine Vincenzo Mauri, ucciso nel 2004 in un agguato che costò la vita anche a un innocente, Francesco Rossi, che si trovò sulla traiettoria dei killer. Alla sua morte Pasqualino ha devoluto gran parte dell'eredità in beneficenza. «Non volevo soldi sporchi, ho preso solo l'eredità di mia nonna racconta e vivo del mio lavoro». Ha aperto alcuni negozi di abbigliamento a Sant'Anastasia e dipinge, i suoi quadri sono stati esposti in mostre nazionali ed internazionali, apprezzati da critici come Vittorio Sgarbi. Vorrebbe fare qualcosa per Noemi, dice. «Prego per lei e mi sento in colpa, perché la colpa è nostra. Nostra perché stiamo a guardare, perché vediamo e non denunciamo, perché passiamo facendo finta di nulla, siamo noi i complici di chi è al potere e lascia che tutto questo schifo sia possibile».
Ha 38 anni Pasqualino e il suo racconto catartico nel libro «Il figlio del boss» lo ha reso ancor più libero. Già, perché nella sua Sant'Anastasia tutti sapevano che fosse «un bravo ragazzo», ma c'era ancora chi pensava che il figlio di Vincenzo Mauri non potesse essere tanto diverso. Non è così, non per lui. «Ho fatto le scelte giuste continua però mi vergogno lo stesso pensando a Noemi. Mi vergogno perché forse non riesco a incidere abbastanza perché anche altri le facciano». Invoca la morte sociale per i camorristi, il figlio del boss. «Vanno isolati e, se li si cattura, la pena deve essere a vita. Fine pena mai, solo così ci penseranno più di un minuto prima di armare la mano contro gli innocenti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino