Cognati uccisi a Sant'Antimo, arrestato il suocero: «Erano amanti, ma ho ammazzato solo lui»

La confessione a metà: «Ricordo di aver sparato a Luigi, poi più nulla». E la pistola non si trova

Raffaele Caiazzo, Maria Brigida Pesacane e Luigi Cammisa
L’onore e lo scuorno. Il rispetto, la vendetta e il sangue: sulla falsariga di una tragedia rusticana, ieri mattina a Sant’Antimo, periferia a nord di Napoli, è...

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L’onore e lo scuorno. Il rispetto, la vendetta e il sangue: sulla falsariga di una tragedia rusticana, ieri mattina a Sant’Antimo, periferia a nord di Napoli, è andata in scena una agghiacciante resa dei conti familiare che ha provocato due morti: Luigi Cammisa, operaio edile di 29 anni, sposato e padre di due figli, e sua cognata Maria Brigida Pesacane, 24enne, anche lei madre di due bimbi. Violenza e sangue irrompono all’alba nella stessa cittadina in cui era nata Giulia Tramontano, la 29enne incinta di sette mesi, assassinata a Senago dal compagno “stressato” da una doppia vita di inganni, bugie e tradimenti.



Autore del duplice delitto il 44enne Raffaele Caiazzo: nella sua mente si agitava un tarlo che ha roso e scavato fino alla fine, portandolo a commettere il duplice omicidio. Era convinto che Luigi e Maria, rispettivamente suoi genero e nuora, avessero intrecciato una relazione sentimentale. Questi pensieri si sono trasformati in un’ossessione fatale, e ieri mattina - intorno alle sei e mezza - l’uomo ha aspettato che Luigi uscisse dalla casa di via Diaz per andare a lavorare, e lo ha freddato con quattro colpi di pistola; subito dopo si è rimesso in macchina per raggiungere l’abitazione della Pesacane (in via Caruso, non lontano dal luogo del primo omicidio) sapendo di trovarla da sola perché suo figlio, convivente della giovane, era già uscito. Ha bussato alla porta e ha svuotato contro di lei un altro caricatore dell’arma: in una stanzetta poco distante dormivano i due figlioletti, di due e quattro anni. 

I colpi di pistola precedenti e successivi avevano già fatto scattare l’allarme di alcuni vicini, che hanno chiamato i carabinieri; ma quando sono giunti i militari della compagnia di Giugliano (diretti dal capitano Matteo Alborghetti), dell’assassino non c’erano più tracce. Caiazzo ha vagato per oltre due ore, mentre i militari gli davano la caccia in tutta l’area nord del Napoletano, anche con il sorvolo di un elicottero. Alla fine, verso l’ora di pranzo, si è costituito presentandosi alla stazione dei carabinieri di Gricignano d’Aversa.

Davanti al pm della Procura di Napoli Nord Lojodice il 44enne è subito apparso confuso. Ha ammesso il primo omicidio, sostenendo di non ricordare nulla di quello che è successo dopo. Scavando nel passato di quest’uomo devastato dall’idea dello scuorno - di una vergogna insostenibile di fronte a una relazione tra cognati della sua famiglia (sospetto che con ogni probabilità non trova alcun fondamento) - si trova solo qualche piccolo precedente che risale addirittura a quando era minorenne: «Ma io - ha detto agli inquirenti - i problemi con la droga ho cominciati ad averli già a 12 anni...». 

Ha dunque ammesso di aver sparato al genero, dichiarando di avere la mente piena di ombre su ciò che ha fatto successivamente. Ma poi ha fornito quella che è quasi sicuramente la chiave di volta di tutto: «Ieri sera (mercoledì, ndr) ho avuto l’ennesima discussione con mio figlio. Io so che “quei due” avevano un rapporto, ma la mia famiglia non mi ha mai voluto dare ascolto - ha detto Caiazzo - Eppure io Luigi l’ho visto tre volte salire a casa di Maria... ma loro non mi ascoltavano: e ieri sera mio figlio mi ha minacciato: “Papà, se non la finisci con queste paranoie, se continui a insinuare queste falsità, allora io non ti faccio vedere più i nostri figli!”».

Ecco, il corto circuito nella mente già confusa dell’assassino sarebbe scattato di fronte al rischio di perdere i nipotini. Ma quell’ennesimo rimprovero, anziché portarlo a ragionare, lo ha indotto a chiudere i conti a modo suo. Con la pistola, per punire i presunti fedifraghi.

Al termine dell’interrogatorio, durato tre ore e mezza e svoltosi alla presenza dell’avvocato difensore, il penalista Luigi Ciocio, il pm ha firmato il decreto di fermo per Caiazzo, ora accusato di duplice omicidio volontario. Restano ancora alcune caselle vuote: non si è trovata la pistola, non c’è ancora la confessione del secondo delitto. Difficile che la prima notte nel carcere di Poggioreale possa schiarirgli le idee. E in attesa dell’imminente udienza di convalida in cui il gip sarà chiamato a convalidare il fermo in arresto, la più tragica delle certezze è una sola: la morte assurda di due giovani trucidati senza avere colpe, e i loro bambini rimasti senza mamma e papà. 

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Il Mattino