Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco archeologico di Pompei: «Oplonti nuova frontiera»

Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco archeologico di Pompei: «Oplonti nuova frontiera»
Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco archeologico di Pompei. Tra le iniziative per la valorizzazione dei siti rientra anche il rilancio della villa di Poppea, agli...

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Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco archeologico di Pompei. Tra le iniziative per la valorizzazione dei siti rientra anche il rilancio della villa di Poppea, agli scavi di Oplontis. Qual è il progetto?


«Oplontis è pronto per il decollo. Gli scavi che abbiamo in programma a villa A (la prima venuta alla luce, ndr) amplieranno la conoscenza di questa residenza imperiale, riconducibile alla famiglia della seconda moglie di Nerone, Poppea Sabina. Ma saranno anche occasione per portare nuova attenzione sul sito, per spiegare in tempo reale come si svolge un'indagine stratigrafica in tutta la sua complessità. Inoltre, intendiamo migliorare l'accessibilità al sito».

I commissari prefettizi di Torre Annunziata hanno annunciato la chiusura del museo dell'Identità. Quale sarà il destino dei reperti attualmente esposti in quelle sale? Resteranno a Torre Annunziata?
«Li esporremmo all'interno della villa A, nel loro contesto originale. Come mi hanno preannunciato i commissari Enrico Caterino e Ferdinando Mone, che hanno dimostrato grandissima attenzione per il settore culturale, palazzo Criscuolo necessita di lavori che rendono impossibile la permanenza dei reperti. Ma non andranno via da Torre Annunziata e saranno visibili nel nuovo allestimento a villa A, nell'attesa di confluire negli spazi museali che stiamo progettando nello Spolettificio e che saranno una sede prestigiosa e degna di un sito Unesco, con laboratori e depositi moderni annessi».

Il servizio «ArteBus», istituito dal Parco Archeologico, in che percentuale contribuirà ad aumentare le visite alla villa di Poppea e alla sua mostra?
«Il servizio sta funzionando soprattutto grazie a Oplontis, che tra i siti periferici è il più visitato. Ma in futuro dovrà essere pronto a accogliere molti più visitatori, dunque bisogna lavorare anche sui servizi e sull'accoglienza nel centro storico di Torre Annunziata, che deve diventare un gioiello e ha tutte le carte in regola per esserlo».

Le visite al sito archeologico di Pompei continuano ad affascinare. Hanno raggiunto i numeri registrati prima del Covid?
«In questi mesi vediamo numeri altissimi, tra i 12 e 16mila al giorno. L'obiettivo però non è solo numerico: stiamo lavorando per allungare la permanenza delle persone sul territorio, così ricco di cultura, un'impresa che riuscirà solo se enti e privati si mettono insieme. Ma sono fiducioso».

Ha riscontrato un nuovo target di turismo straniero?
«Francia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna sono i paesi esteri più rappresentati. Bisogna ragionare su come recuperare il turismo asiatico, Corea, Giappone, Cina, che in seguito alla pandemia è crollato. Nell'ottica di una maggiore sostenibilità penso che il trend globale andrà nella direzione di un turismo più lento e profondo. Il modello mordi e fuggi è del passato».

Le nuove scoperte degli ultimi mesi in che misura hanno contribuito all'aumento del turismo?
«Più che le singole scoperte, credo che sia la consapevolezza da parte del pubblico, grazie al nostro approccio alla comunicazione, che Pompei è un sito dove tutela e ricerca continuano a essere svolti ogni giorno da un team di professionisti appassionati e preparati. È una squadra bravissima, un sogno e un onore per me lavorare con loro».

Lei ama passeggiare tra le domus, controlla personalmente i cantieri di scavo. È un modo per comprendere come migliorare l'offerta turistica?
«Spesso la gente mi ferma per chiedere informazioni, senza sapere che sono il direttore del sito. Per me è un'occasione fantastica per capire quali sono le domande e dove possiamo migliorare. Una volta un visitatore chiese dove fosse quello che è scoppiato, si riferiva al Vesuvio. A volte si comincia dalle cose essenziali».

Può anticiparci qualche nuovo progetto o qualche nuova scoperta?


«Abbiamo lanciato l'azienda agricola di Pompei per valorizzare la tradizione della dieta mediterranea, dai vigneti a uliveti e frutteti, un immenso patrimonio immateriale che è a rischio estinzione se non si tramandano le conoscenze secolari di come coltivare la terra. Per questo ora vogliamo ampliare il progetto e coinvolgere i bambini del territorio, stiamo progettando degli orti didattici che vogliamo organizzare con loro nel sito. Non dobbiamo dimenticare che senza agri-cultura non c'è cultura e non c'è futuro».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino