Scontri tra ultras sull'autostrada A1, nove indagati dopo i Daspo: «Volontà offensiva»

Il divieto di accedere alle manifestazioni sportive riguarda tre ultrà della Roma e sei del Napoli

Gli scontri tra ultras sull'autostrada A1
Da un lato i Daspo, dall'altro le iscrizioni nel registro degli indagati. È a una svolta l'inchiesta della Procura di Arezzo sulla giornata di guerriglia scatenata...

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Da un lato i Daspo, dall'altro le iscrizioni nel registro degli indagati. È a una svolta l'inchiesta della Procura di Arezzo sulla giornata di guerriglia scatenata l'8 gennaio scorso sull'Autostrada del Sole - all'altezza dell'area di servizio di Badia al Pino - da ultrà romanisti e napoletani. Si contano i primi nove indagati, e nove sono anche i primi Daspo emessi dal questore di Arezzo. E arrivano anche le prime conferme a quella che sin dal primo momento era apparsa come l'ipotesi più inquietante: che l'incontro tra le due carovane di teppisti travestiti da tifosi fosse stato concertato, quasi si trattasse di una sfida, un regolamento di conti da chiudere facendo scorrere il sangue. Ma procediamo con ordine. La Procura aretina contesta anche il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti.

Il divieto di accedere alle manifestazioni sportive riguarda tre ultrà della Roma e sei del Napoli, ma il numero è destinato a salire man mano che si giunge all'identificazione degli autori dei tafferugli. In particolare, per quel che riguarda i napoletani, i soggetti daspati appartengono sia alla Curva A (dei gruppi Barone e Brigata Carolina), sia alla Curva B (questi ultimi del gruppo Ultras 72). Si è scoperto che due di essi erano già sottoposti a Daspo, il che non impediva certo di muoversi tranquillamente spostandosi in lungo e in largo per l'Italia.

Indagine complessa e delicata, quella che viene condotta dalla Polizia di Stato (con gli investigatori aretini collaborano attivamente le Digos di Napoli e Roma) e che è coordinata dalla Procura della Repubblica guidata da Roberto Rossi. Un certosino lavoro di ricostruzione viene svolto anche grazie ad approfondimenti e verifiche capaci di dragare i fondali apparentemente sicuri del web. Gli investigatori sono riusciti a intercettare le conversazioni di sfida intercorse su alcune chat tra romanisti e napoletani. E dunque è vero: c'era un appuntamento tra le due tifoserie. Martino Di Tosto, il romanista coinvolto negli scontri tra tifosi in A1, appare dai messaggi sul suo cellulare «quantomeno uno degli ideatori delle modalità con cui i tifosi romani si sono incontrati scientemente coi tifosi del Napoli creando pericolo per l'ordine pubblico»: a scriverlo è il gip Elena Pisto nell'ordinanza di convalida con la quale gli sono stati imposti obbligo di dimora e firma. C'erano - sottolinea sempre il giudice - «chat con tifosi in transito coi quali scambiava messaggi» per recarsi all'autogrill. In uno dei messaggi trovati si legge: «Se arriviamo che li trovamo e stanno dentro all'autogrill, la cosa più intelligente da fà è fermasse alla rampa d'uscita quindi sull'autostrada, qui di entraje da davanti».

Il pubblico ministero titolare del fascicolo, Laura Taddei, ipotizza non solo il reato di rissa aggravata e avrebbe formalizzato nel fascicolo, sebbene a vario titolo, anche quelli di interruzione di pubblico servizio e attentato alla sicurezza dei trasporti. Tre indagati sono romanisti, sei napoletani, tutti coinvolti negli scontri alla stazione di servizio di Badia al Pino. Fondamentali sono stati poi i riscontri ottenuti dai sistemi di videosorveglianza e dalle immagini registrate da molti telefonini. Quei fotogrammi inchiodano gli indagati attuali, e gli altri che verranno. Nei confronti degli ultrà iscritti nel registro degli indagati sussistono dunque gravi indizi di colpevolezza sulla partecipazione alla maxirissa, messa in atto - sono sempre parole del gip - «con coscienza, volontà e animo offensivo». Per Di Tosto un altro indizio risiede nel non aver spiegato la causa delle ferite da taglio alla gamba destra, riportate durante gli scontri. Per il gip non incide a favore di Di Tosto il fatto che un poliziotto della Digos di Roma, addetto alla squadra tifoserie, non abbia visto il tifoso 43enne percuotere nessuno dalle immagini, benché dagli stessi brevi filmati, invece, lo stesso agente lo abbia riconosciuto e fatto individuare. 

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Il Mattino