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Funerali senza clamori, discreti come era lei, Diana. Senza striscioni, senza palloncini, senza folle, così Somma Vesuviana ha detto addio a Diana Biondi, la studentessa di lettere moderne che solo da poche settimane aveva compiuto 27 anni, una ricorrenza che aveva voluto festeggiare con pochi amici. Diana, che martedì scorso avrebbe dovuto festeggiare la laurea ma che non aveva detto ad alcuno che non era possibile discutere la tesi né distribuire confetti rossi o indossare corone di alloro, perché ancora le mancava un esame.
La chiesa monumentale di Santa Maria del Pozzo, la stessa dove la città ha salutato per l’ultima volta altri suoi due figli, Melania Rea e Mario Cerciello Rega, era piena ma non gremita e all’ingresso del feretro un parente ha tuonato contro chi stava riprendendo immagini o scattando foto. La famiglia ha chiesto rispetto, silenzio, per l’ultimo saluto e da qui in poi. In prima fila il papà Edoardo, colui che più si era speso nei due giorni in cui la foto di Diana, con un sorriso che le splendeva anche negli occhi, circolava ovunque, dai social alla redazione di «Chi l’ha visto». Nessuno sapeva ancora che Diana aveva già trovato pace, abbandonandosi al vuoto nel luogo dominato dal Santuario di Santa Maria a Castello, sotto lo sguardo di Mamma Schiavona. Accanto a lui la mamma di Diana, Marianeve, con lo sguardo fisso sul feretro ricoperto da rose bianche e rosse, l’altra loro figlia Monica e, più in là, Martino, il fidanzato di Diana che nei giorni di ricerca, quando tutti la credevano scomparsa, aveva percorso in lungo e in largo, inutilmente, le strade di Napoli nei pressi della facoltà di Lettere della Federico II.
Tutti hanno ascoltato in silenzio – e la mamma Marianeve ha annuito più volte – l’omelia del parroco don Nicola De Sena: «Molti, in questi giorni, piuttosto che fermarsi al dolore di questa tragedia hanno iniziato la caccia al colpevole, come è avvezza questa umanità malata di disumanità».
Il papà Edoardo, prima che sapesse della sua morte, nelle ore in cui instancabile la cercava attendendo in ansia una telefonata, quando già aveva scoperto che quell’appuntamento con la laurea non ci sarebbe stato, che un esame mancava, aveva solo detto «Vogliamo che Diana torni a casa, del resto non ci importa, noi non le abbiamo mai messo pressione». Ieri il parroco ha aggiunto: «Siamo vicini ai suoi genitori, a sua sorella, ai familiari, perché oltre al peso del dolore e della sofferenza non portino altri pesi sulle spalle, ma si sentano avvolti dal calore nel nostro ideale abbraccio». Poi, l’appello all’amore per gli altri, l’unico successo che conti nella vita, «perché Diana non muoia una seconda volta». Un lungo applauso all’uscita dalla chiesa e un brevissimo corteo al quale ha preso parte anche il sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno. Un piccolo tragitto seguendo il feretro, in prima fila i genitori, con le mani nelle mani e il dolore negli occhi.
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