Somma Vesuviana, studentessa suicida dopo la bugia sulla laurea: in un video gli ultimi istanti di Diana

Il salto nel vuoto ripreso dalle telecamere di un ristorante: striscione choc all'Orientale

Lo striscione all'Orientale; nel riquadro Diana Biondi
C’è una straziante testimonianza delle ultime ore di vita di Diana Biondi: le videocamere di sorveglianza di un ristorante vicino al luogo dove la studentessa di...

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C’è una straziante testimonianza delle ultime ore di vita di Diana Biondi: le videocamere di sorveglianza di un ristorante vicino al luogo dove la studentessa di Somma Vesuviana ha scelto di dire addio alla vita e al malessere che le avrebbe procurato aver mentito sulla sua carriera universitaria, hanno ripreso tutto: il suo arrivo a piedi dopo una faticosa e ripida salita, il suo sostare accanto alla struttura del locale abbandonato, alcuni giovani che a un certo punto, qualche ora prima della sua morte, si fermano poco lontano a chiacchierare fumando e infine – mentre nessuno la guardava - il tragico volo incontro alla morte, nel vallone dominato dal santuario di Santa Maria a Castello.



Il video è stato consegnato ai carabinieri e fuga ogni dubbio sulle modalità della tragica morte di Diana avvenuta intorno alle 19,30 di lunedì scorso. Appena mezz’ora dopo l’ultimo laconico messaggio al papà che aveva tentato di contattarla più volte: «Non posso parlare». Così aveva scritto la ragazza prima di spegnere il telefono, riporlo nella sua borsa nera ritrovata ben appoggiata accanto ad un’inferriata. Dopodiché, il salto nel vuoto. Lì dove è stata ritrovata due giorni dopo la sua scomparsa. Mentre tutti la cercavano, mentre era atteso il collegamento con «Chi l’ha visto?» sperando in segnalazioni decisive o in un suo ritorno a casa, Diana riposava già sotto gli occhi di «Mamma Schiavona».

Le analisi psicologiche post tragedie sono sempre dense di spiegazioni, di soluzioni, e questo caso non fa eccezione ma la verità è che nessuno può capire fino in fondo i motivi che hanno spinto la giovane donna, laureanda in lettere moderne, a scegliere di farla finita pur di non rivelare ai genitori, alla sorella, al fidanzato, agli amici che no, il giorno dopo non poteva esserci alcuna festa, che la tesi non era pronta, che all’appello le mancava un esame. Ha scelto di dare a tutti un dolore pur di non dar loro una delusione. E non è certo il superficiale demagogico saluto degli studenti del Collettivo dell’Orientale, denso di psicologia spicciola in un momento nel quale bisognerebbe unirsi e non dividere per attaccare «La vostra università uccide. Ci dispiace Diana», a spiegare perché una ragazza che tutti descrivono come attenta, pacata, studiosa, innamorata, decida di farla finita. La fatica, forse una depressione sopraggiunta e mai riconosciuta, gli anni appena trascorsi del Covid, potrebbero essere i mostri che hanno messo radici nel cuore e nella mente di una ragazza che mai, stando a chi l’aveva conosciuta, avrebbe scelto di morire. 

Diana frequentava la Federico II ed è il rettore Matteo Lorito a esprimere cordoglio e dolore per la sua scomparsa: «Abbiamo perso una figlia, nonostante le forti azioni di sostegno agli studenti messe in atto – dice il rettore federiciano –. Noi non siamo solo erogatori di didattica e, lo chiedo in memoria di Diana, se ci sono malesseri forti chiedo agli studenti di segnalarcelo, siamo qui per aiutare i nostri più deboli e fragili: abbiamo gli strumenti per farlo e persone che si occupano di questi casi a tempo pieno». La Federico II mette da tempo in campo azioni per sostenere i ragazzi con l’aiuto di psicologi e il centro Sinapsi, con i servizi rivolti agli studenti che incontrano nel percorso difficoltà di varia natura e supporto di esperti. «Sfuggono i casi in cui non si arriva a chiedere sostegno» rilancia Andrea Mazzucchi, direttore del dipartimento di Scienze umanistiche, esprimendo – come il rettore – vicinanza alla famiglia colpita dal lutto: «La fragilità ha un valore». 

Fragilità, depressione, senso di inadeguatezza, chi può psicanalizzare Diana a tragedia avvenuta? Nessuno, difatti, nemmeno i leoni da tastiera che in queste ore il parroco don Nicola De Sena, che Diana la conosceva, stigmatizza con grazia: «Oggi sono tutti bravi, tutti hanno la soluzione in mano – dice il parroco in una lettera alla città di Somma Vesuviana – a noi oggi interessa la tua morte, ma forse a pochissimi prima interessava la tua vita. Ma tu, vittima di questo mondo in rovina, lo hai capito e per questo hai voluto gridare la tua sofferenza col silenzio della morte. Diana, anima bella, dinanzi a Dio non sarai giudicata ma solo abbracciata». Al dolore dei genitori e della sorella, si è stretto il sindaco Salvatore Di Sarno: «Ora è solo il momento di mostrarsi comunità e raccogliersi intorno alla famiglia di Diana stringendo tutti in un abbraccio. Non lasciamoci andare a considerazioni e giudizi». 

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Il Mattino