Sondaggio sulla camorra nelle scuole a Napoli: «Ora aiutiamo i ragazzi a scoprire i veri eroi»

Sondaggio sulla camorra nelle scuole a Napoli: «Ora aiutiamo i ragazzi a scoprire i veri eroi»
«Vivendo il mondo della scuola e conoscendo i ragazzi, in parte mi aspettavo che arrivassero risposte positive, così come mi aspettavo che i nostri studenti...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

«Vivendo il mondo della scuola e conoscendo i ragazzi, in parte mi aspettavo che arrivassero risposte positive, così come mi aspettavo che i nostri studenti manifestassero questa sete di legalità che emerge dal questionario. È a questa esigenza che ora dobbiamo dare subito risposte». Ines Barone, docente del Liceo scientifico e delle scienze umane Salvatore Cantone di Pomigliano d'Arco, è la referente del progetto per le scuole del questionario anticamorra. È stato proprio l'istituto di Pomigliano, guidato dal dirigente scolastico Giovanni Russo, il primo a partire con questo percorso di conoscenza.

Professoressa, allora quanto ne sanno i ragazzi di lotta alla camorra?
«Ne sanno abbastanza perché la stragrande maggioranza ben conosce la criminalità giovanile, il fenomeno delle baby-gang, ma ne sanno ancora troppo poco di criminalità organizzata. Di positivo c'è che vogliono saperne di più e noi dobbiamo lavorare in questo senso».

Veniamo alle dolenti note: il personaggio più conosciuto è il Pietro Savastano di Gomorra, un soggetto partorito dalla fantasia. Mentre la storia di Gelsomina Verde è conosciuta appena dal 4% degli studenti. È stato utile almeno per capire dove intervenire?
«Manca un'informazione incisiva su persone e fatti. Ad esempio di personaggi eroi di cui si è parlato di più come Giancarlo Siani o don Peppe Diana sono molti i ragazzi informati. È il segnale che se si fa un buon lavoro comunicativo, anche da parte dei media, i messaggi arrivano al bersaglio».

Cosa bisogna fare per far passare questi messaggi?
«Se si conoscono di più personaggi della fiction invece di don Maurizio Patriciello che tutt'oggi vive sotto scorta significa che le informazioni corrette non passano. Il vostro giornale ne ha scritto e scrive continuamente dell'impegno anticamorra di don Patriciello o di don Luigi Merola, vuol dire che bisogna portare nuovamente il giornale in classe. Dobbiamo renderci conto che, pur se la scuola sta cambiando, il mondo cambia ancor più velocemente: i ragazzi si informano, quando lo fanno, solo attraverso i social ed è un'informazione incompleta e spesso distorta. L'idea di portare un quotidiano in classe dovrebbe nuovamente tornare attuale, ma dovrebbero farlo anche le famiglie come si faceva un tempo. È comprensibile che i giovanissimi possano non conoscere boss di molti anni fa, ma non è ammissibile che non sappiano chi siano gli eroi che ancora oggi combattono ogni giorno in prima linea».

Ha riscontrato delle differenze territoriali tra le risposte giunte dal centro città e dalla periferia?
«In alcuni casi sì, penso alle tre scuole di Castellammare, quella di Gragnano, ma anche quella di San Giovanni a Teduccio. Se proprio a Castellammare, Comune sciolto recentemente per infiltrazioni camorristiche, arrivano risposte che superano il 40% nel giudicare un boss degno di rispetto oppure che giustificano l'omertà, significa che c'è un osmosi tra territorio e scuola. Ed è in questi territori che la scuola deve spezzare la catena delle illegalità. Per questo apprezzo il coraggio dei dirigenti e dei docenti che hanno voluto partecipare a questo progetto. Capire il problema è il primo passo per risolverlo e il questionario offre uno strumento utilissimo».

Per comprendere il problema si è di fatto creata una piattaforma tra tante scuole della città e della provincia. Si può partire da qui anche per concordare strumenti didattici comuni da utilizzare con gli studenti?
«Credo che questo sia stato solo il primo passo, ora dovranno arrivare gli altri e con molti altri docenti si è creata un'intesa positiva. Ora da qui possiamo ripartire anche per trovare soluzioni insieme. Del resto l'obiettivo del questionario non era mettere in stato d'accusa gli studenti perché non conoscono un personaggio anziché un altro. Quelle risposte devono interrogare noi docenti, sul lavoro che svolgiamo ogni giorno. Tanto facciamo, ma non dobbiamo essere lasciati da soli».

In che senso?


«Una parte minoritaria, ma non trascurabile di studenti, non vede la legalità come valore fondante della società e non crede nella capacità dello Stato di proteggere i cittadini che denunciano reati. Anche da qui nascono le risposte sull'omertà. Serve la scuola e la nostra istituzione deve sentire lo Stato al proprio fianco».
  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino