Sparatoria a Napoli, ferita donna ucraina: «Compravo cioccolatini per mio figlio, ora ho paura per lui»

Sparatoria a Napoli, ferita donna ucraina: «Compravo cioccolatini per mio figlio, ora ho paura per lui»
«Adesso ho paura per mio figlio e mio marito, spero di poter tornare presto a camminare e dimenticare per sempre questa tragedia». A distanza di una settimana lo choc...

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«Adesso ho paura per mio figlio e mio marito, spero di poter tornare presto a camminare e dimenticare per sempre questa tragedia». A distanza di una settimana lo choc di quell'assurda sera dello scorso venerdì comincia ad attenuarsi, ma a parlare di quell'uomo che le ha sparato in via Vergini e che rischia di causarle danni permanenti alla gamba, affiora di nuovo il terrore negli occhi e l'angoscia per le sue condizioni di salute. Irina (nome di fantasia) è la 32enne donna ucraina ferita mentre acquistava un pacchetto di cioccolatini per suo figlio. Vittima innocente di una criminalità senza controllo. Lei dolce e di un'antica gentilezza, è stata ferita dalla furia di Mario Tufano, entrato in un market di via Vergini sparando almeno sei proiettili e ferendo tre persone innocenti. Il vero obiettivo era Nikolay, un uomo di nazionalità russa, che solo pochi minuti prima aveva cercato di impedire la fuga del figlio dodicenne di Tufano dopo che il minorenne aveva investito in motorino senza casco un'altra donna. Tufano, 37 anni, è tornato sul posto e ha cominciato a sparare all'impazzata nel negozio. Di striscio è stato colpito anche il proprietario del market dove Nikolay aveva cercato di trovare riparo dalla follia di Tufano. Lo sgarro dell'uomo russo agli occhi di Tufano è stato impedire al 12enne di fuggire via impunito dopo aver investito una donna.

Cosa ricorda di quella sera maledetta?
«Stavo comprando dei cioccolatini per mio figlio di sei anni, all'improvviso entra un signore inseguito da un altro armato di pistola. È durato tutto pochi attimi, quell'uomo ha sparato all'impazzata e due proiettili mi sono finiti nelle gambe. Poteva accadere a chiunque. L'unica circostanza fortunata è che mio figlio non era con me, ma a casa con mio marito. Ci fosse stato anche il mio piccolo in quel negozio di sicuro sarebbe stato colpito e, vista l'altezza dei proiettili, in parti del corpo vitali».

Lei abita a poca distanza dal suo feritore. Lo aveva mai visto, per questo ha paura?
«Mai visto. Spero solo che questa vicenda si concluda qui. Non ho colpe se stavo in quel negozio a comprare dei cioccolatini e non ne hanno mio figlio e mio marito».

Si aspettava che a Napoli potesse succederle una simile tragedia? Ora vuole andare via?
«Penso che nessuno possa aspettarsi di essere sparato mentre è in un negozio. A Napoli sto bene, qui è nato mio figlio, va a scuola. Anzi, proprio ora vedo l'affetto enorme non solo delle persone per cui lavoro che mi stanno aiutando tantissimo, ma anche di tante altre persone che si stanno attivando in una gara di solidarietà».

Lei ha una famiglia da mandare avanti e il suo lavoro le è indispensabile. Ora sarà costretta a stare dei mesi ferma e per di più dovrà spendere molti soldi per curarsi. Come farà?
«Ora il primo pensiero è curarmi, tante persone mi stanno aiutando a partire dai miei datori di lavoro. So che i fratelli Massimo e Raffaele Petrone - che gestiscono farmacie e centri di riabilitazione - si sono detti disponibili ad aiutarmi sia per i farmaci che per le fisioterapie. Patrizia, una delle signore per cui lavoro, ha attivato un conto corrente per quanti vorranno aiutarmi e lo stesso sta facendo il consigliere regionale Francesco Borrelli che si è interessato della mia vicenda sin dal primo giorno».

Da un male può nascere un bene?
«Ora sto un po' meglio, ma il dolore fisico è stato atroce. Devo ringraziare il personale dell'ospedale Pellegrini, ma anche gli agenti di polizia che in quelle ore dopo la sparatoria mi hanno accudito fisicamente e psicologicamente. Ora chiedo solo alle istituzioni di non abbandonarmi».

Suo figlio come ha vissuto questi giorni?


«Lui è meraviglioso. Nonostante abbia solo sei anni mi chiede di cosa ho bisogno. Ora vede sua madre su una sedia a rotelle e che non può far altro che passare dalla sedia a rotelle al letto».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino