Arrestato a settantacinque anni, per un fatto commesso nel lontano 2005; arrestato a febbraio, sull'onda d'urto della spazzacorrotti. Meno di un mese di cella, per poi...
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IL PROFILO
È il caso di Vincenzo Terracciano, classe 1948, ex funzionario regionale. Condannato anni fa per concussione, ottiene l'indulto e la sospensione della pena in relazione alla restante parte di condanna da scontare. A febbraio, per lui arrivano le manette. Inesorabili, come per altro per ogni vicenda che ha a che vedere con la cosiddetta spazzacorrotti. Non è il primo caso a Napoli, a giudicare dal silenzioso ingresso in cella di decine di colletti bianchi a cui tocca scontare le condanne ricevute in passato, magari dopo aver chiuso processo con riti alternativi o patteggiamenti. Ma torniamo al caso dell'ex funzionario regionale, torniamo alla storia delle manette di febbraio. Difeso dal penalista Marco Muscariello, Terracciano si rivolge ai giudici della quinta sezione penale, collegio A (presieduto dal giudice Concetta Cristiano). E sono i giudici napoletani, per la seconda volta in poche settimane, a firmare uno stop alla spazzacorrotti, rimettendo in libertà soggetti finiti in carcere su richiesta di Procura e Procura generale di Napoli. Scrivono i giudici della quinta penale: «Con riferimento alla dedotta questione di incostituzionalità delle nuove norme per contrasto con gli articoli tre, venticinque e ventisette della Costituzione, va ricordato come già in occasione di precedenti modifiche alla disposizione di cui all'articolo 4 bis della legge 354/75 e della previsione di motivi ostativi alla concessione di misure alternative alla detenzione connessi alla tipologia di reato, la Suprema corte ne abbia affermato la manifesta infondatezza». Una vicenda, quella delle carceri ai tempi della spazzacorrotti, su cui interviene il garante per i detenuti Samuele Ciambriello: «La nuova norma spazzacorrotti rischia di provocare risultati aberranti che, per mera sciatteria legislativa, potranno impattare gravemente sulla vita delle persone, quelle cioè già condannate con sentenza definitiva e in attesa della decisione del giudice di sorveglianza circa la sospensione condizionale con messa alla prova. Io ho già visto sia a Poggioreale che nel carcere di Salerno decine di detenuti che sono vittime di questo provvedimento. E molte di queste persone hanno superato i settanta anni e si trovano in carcere per pene inferiori ai tre anni. Beffato anche chi ha patteggiato. Il loro reato è ostativo, come quello di mafia, e non vedono, oltre che per la retroattività, concretizzarsi i benefici penitenziari previsti dalle normative. Più carcere, solo carcere, in una sorta di rancore sociale, per il reato e non per la quantità della pena»
l.d.g. . Leggi l'articolo completo su
Il Mattino