Otto anni di reclusione agli autori delle stese di piazza Trieste e Trento. È il verdetto di primo grado a carico di Alessio Bossis e Carmine Pecoraro, ritenuti...
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Stando alla ricostruzione dell'accusa, la «stesa» di piazza Trieste e Trento era una risposta a un litigio avvenuto giorni prima in discoteca, tra soggetti legati al malaffare di Ponticelli ed elementi dei Quartieri Spagnoli. Una reazione, nella quale avrebbe svolto un ruolo anche una ragazza, parente della vittima, ma amica dei soggetti di Ponticelli. Anche per lei sono scattate le indagini (condotte dalla Procura dei minori, in quanto all'epoca non ancora diciottenne), tanto da essere bollata come «pasionaria criminale in erba». Fatto sta che quella sparatoria - come hanno accertato i carabinieri -, è stata la risposta di un gruppo di ragazzi di Volla e Ponticelli, legati ai clan Minichini e De Luca Bossa, a un gruppo rivale vicino al clan Mariano dei Quartieri spagnoli. A scatenare la «scorreria armata» di piazza Trieste e Trento, quanto accaduto il giorno precedente, con un litigio nel corso del quale il fidanzato della ragazza era stato colpito da proiettili a salve.
LE CIMICI
Decisive le intercettazioni telefoniche, da cui emerge la disponibilità della ragazza ad offrire indicazioni su chi aveva osato sparare al fidanzato: «Uno di loro è mio cugino, la comandano loro ai Quartieri spagnoli». Immediata la risposta: «Ah, allora sono a sistema...». Una risposta che fa da preludio ad una reazione armata. Decisive anche le intercettazioni successive alla stesa, con la ragazza che, nel parlare di uno degli esecutori materiali, si limita a commentare in questo modo: «È impegnato in una cosa importante...». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino