«I dati in nostro possesso non sono preoccuparti e non è il caso di creare inutili allarmismi. La caldera dei Campi Flegrei è tra le più monitorate al...
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«È giusto avere percezione del rischio - prosegue Carlino - ma non per questo lasciarsi prendere da panico immotivato. Bisogna semplicemente essere informati in modo corretto rispetto a quanto sta accadendo. Quel che ci dice questo lavoro è che dobbiamo studiare attentamente l’evoluzione della caldere specialmente in termini di sollevamento del suolo e di sismicità».
I cambiamenti più importanti, racconta il ricercatore, sono senza dubbio quelli relativi ad un arco temporale che va dal decennio degli anni 70 a quello degli anni 80. Proprio in quel periodo infatti, il terreno fu soggetto a visibili deformazioni e tutti gli studi più accreditati concordano sul fatto che fu causato da un accumulo di magma nel sottosuolo, ad una profondità stimata tra i tre ed i quattro chilometri.
«Oggi non siamo in allerta - conclude Carlino - stiamo solo cercando di capire come il sistema sta cambiando e se c’è la presenza di nuovo magma. Staremo attenti ad osservare l’evolversi del sollevamento della caldera e se questo fenomeno andrà verso una stasi. In caso contrario se dovesse esserci una nuova accelerazione del suolo, accompagnata anche da frequenti terremoti, potremmo cominciare a preoccuparci». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino