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Era l'11 marzo del 1983 quando aprì Tattoo Records a piazzetta Nilo, nel cuore del centro storico di Napoli. «Il nome era ispirato ai "picture disc", i vinili con l'immagine aerografata del cantante. Avevo conosciuto quel genere di dischi a New York», racconta Enzo Pone, il titolare del negozio di dischi ormai più longevo della città. Negli anni 80 nella zona ce ne erano diversi: tra questi Flying Records - etichetta discografica che lanciò 99 Posse e Articolo 31, oltre a distribuire Nirvana e De La Soul - a Santa Chiara, Fonoteca dietro al cinema Modernissimo, Italnapoli in via Benedetto Croce. Quarant'anni dopo è rimasto solo Tattoo: «Siamo stati attenti a non fare passi avventati».
Eppure il primo passo fu quantomeno audace: «Non sapevo molto di musica, fino a 30 anni avevo fatto il ferroviere. Per la ceditura spesi tutto ciò che avevo. Il negozio era una grotta, a ristrutturarlo mi aiutarono papà e i suoi colleghi, tutti operai pensionati dell'Italsider». I metalmeccanici gli fecero gratis il locale come nuovo e il salto nel buio fu subito ripagato: «Avemmo presto un boom, da noi c'erano dischi che non trovavi da altre parti: roba fuori catalogo, produzioni indipendenti, soprattutto musica internazionale» racconta Pone. Si trovava un'offerta ampia di punk, rock, funky e soul, progressive, jazz e sono ancora questi generi i cavalli di battaglia del negozio.
Al nome storico Pone aggiunse una specifica, sull'insegna del negozio: Nuove Messaggerie Musicali. Caterina Caselli era proprietaria dell'etichetta quasi omonima, le celebri Messaggerie Musicali, un giorno passò davanti a Tattoo e pretese che quella dicitura fosse tolta.
Altro incontro memorabile quello con Francesco Rosi: «Durante le riprese di uno spot ascoltavamo musica insieme, seduti davanti al locale». Venivano tanti musicisti: Nanà Vasconcelos, Cassandra Wilson, Joe Lovano tra gli stranieri, Piero Pelù e Antonello Venditti, poi la pattuglia partenopea con Edoardo Bennato, James Senese, Enzo Avitabile, Enzo Gragnaniello, per un periodo si riforniva anche qui un collezionista come Federico Vacalebre.
A inizio anni '90 la prima battuta d'arresto: «L'avvento dei compact disc fu un colpo tremendo. Per acquistarne più possibile chiesi prestiti, la lista di nozze del mio matrimonio fu al Banco di Napoli». E verso la metà del 2000, tra Napster e il primo Youtube, anche i cd entrarono in crisi: «Sarebbe stata la nostra fortuna ma in presa diretta non potevamo saperlo, pensavamo di chiudere. Invece di lì a poco il vinile tornò in auge e ci ha consentito di resistere» dice Nicola Volpe, storico collaboratore del negozio.
Oggi gli acquirenti sono giovani e vecchi appassionati, studiosi e turisti con la passione dei piatti, controllano nelle vaschette dell'usato, cercano rarità e successi a 33 e 45 giri. Classici del prog come «Zarathustra» dei Museo Rosenbach, venduto a 1000 euro, qualcuno cerca la prima stampa di un album di Red Garland in quintetto con John Coltrane al sax; i ragazzi di Napoli vogliono i vinili dei Nu Genea e dei Foja, gli stranieri chiedono Bill Evans e Ryichi Sakamoto: «Che soddisfazione quando un turista statunitense trova qua ciò che cercava e non negli Usa»,
Pone prova a spiegare il rilancio del vinile: «Forse c'entra il gusto per il vintage e per un ascolto di qualità, anche se non è semplice avere la fedeltà dei primissimi dischi. Ma anche la bellezza estetica: i 33 giri arredano la casa meglio di un quadro».
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