Napoli, i tassisti scrivono al prefetto: «Via la licenza ai colleghi disonesti»

Sette sigle sindacali si sono riunite in un comitato per chiedere pulizia all'interno della categoria

Coda di taxi alla stazione centrale di Napoli
Ha un effetto deflagrante la lettera che i tassisti di Napoli hanno inviato, martedì scorso, al Prefetto per denunciare il comportamento di certi colleghi avvezzi alla...

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Ha un effetto deflagrante la lettera che i tassisti di Napoli hanno inviato, martedì scorso, al Prefetto per denunciare il comportamento di certi colleghi avvezzi alla truffa, alla violenza, alle minacce. L’appello è accorato e contiene un dettaglio impressionante, i tassisti spiegano al prefetto Michele Di Bari che sarebbe necessario intervenire con urgenza «per evitare il degenerare nel rischio di sicurezza per l’ordine pubblico, poiché più volte si sono create situazioni ad alta tensione».

Il documento è firmato dal «coordinamento difesa e tutela taxi Napoli», un’aggregazione di sette sigle sindacali (Fast-Confsal/Taxi, Federtaxi/Cisal, Sitan/Atn, Unimpresa/Mobilità, UriTaxi, Uti/Consortaxi, Ugl/Taxi) che ormai da tempo è in cerca d’attenzione per eliminare la piaga dei tassisti disonesti. «Abbiamo già scritto tre volte su questo tema all’amministrazione comunale senza ottenere risposta - spiega, contrito, Pasquale Ottaviano della Sitan/Atn che si fa portavoce del gruppo - rivolgerci al signor Prefetto è l’ultima spiaggia per noi tassisti onesti. Speriamo che, almeno lui, abbia voglia di ascoltarci e di condividere le nostre preoccupazioni». 

L’appello 

La questione nasce da una presa di coscienza che, ormai da tempo, sta attraversando la categoria dei tassisti perbene, la maggioranza di quelli che ogni giorno vanno in strada ad accogliere passeggeri: «Per un certo, lungo, tempo, abbiamo concentrato le nostre battaglie sul contrasto agli abusivi - spiega Ottaviano - e continueremo a farlo senza mai arretrare. Però abbiamo capito che il primo passo verso il recupero di credibilità della categoria era quello di guardare al nostro interno, di iniziare a rendere migliore il servizio partendo da noi stessi, mettendo in un angolo chi si comporta male e trascina nel baratro l’intera categoria».

Un’operazione di pulizia dall’interno, dunque, che viene raccontata con parole severe da Raffaele Serpico della stessa sigla sindacale: «Tra di noi ci sono mascalzoni ai quali andrebbe ritirata immediatamente la licenza», dice con vigore. 

I luoghi  

I tassisti truffatori e sopraffattori, secondo la lettera inviata al Prefetto Michele Di Bari, si concentrano soprattutto «in stazione e in altri scali, come Beverello e Aeroporto, dove c’è anche una parte di categoria che lavora disonestamente provocando l’allontanamento delle persone per bene e corrette, che non entrano più nei posteggi di tali siti per non avere a che fare con questa gentaglia».

I racconti sul disagio di quei luoghi si dipanano in mille rivoli e mille aneddoti, dal tassista che chiede cifre iperboliche agli stranieri per tragitti irrisori a quello che prende a parolacce il napoletano che pretende la tariffa predeterminata, dal collega che attende i passeggeri al di fuori della coda a quello che rifiuta la corsa ritenuta troppo breve. Eventi che conosce bene qualunque napoletano che utilizza le auto bianche.

Situazioni per le quali i tassisti onesti chiedono controlli serrati, presenza fissa di pattuglie, sanzioni drastiche che devono arrivare fino al ritiro della licenza. 

Le telecamere  

Di fronte alle difficoltà palesate dagli organi di controllo del territorio, Ottaviano racconta di aver personalmente proposto l’istallazione di telecamere a sue spese: «Ho chiesto il permesso a piazzare un servizio di videosorveglianza presso i posteggi degli scali cittadini, sarebbe stato dotato anche di microfoni per registrare l’audio perché certe volte le parole sono imbarazzanti: turpiloquio, derisione degli stranieri, epiteti irripetibili contro le donne. Se volete saperlo, io da tassista certe volte mi vergogno, e come me si vergognano in tanti. Non ne possiamo più di tacere per paura di ritorsioni e violenza, è giunto il momento che qualcuno ci aiuti a estirpare questo cancro che uccide la nostra categoria».

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Il Mattino