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Applausi. Applausi. Applausi: 11 minuti, col San Carlo che risplende di luce propria, come le stelle. Osanna per Kaufmann e la Agresta. Cast vocale premiato. Consensi per Mariotti sul podio. Pubblico diviso sulla regia di Martone e la lettura contemporanea dell'opera (ah, questi melomani conservatori!). Ma i «buuu» si disperdono presto negli applausi, che sugellano un evento prezioso. I primi, però, a inizio serata, sono tutti per lui, il Presidente; quelli, spontanei, della gente comune, elettrizzata e curiosa sotto i portici della Galleria Umberto. Ordine pubblico in stato d'allerta. Tutti dietro le transenne, non si passa. Uscendo dall'Audi blu con le bandierine, Sergio Mattarella è accolto da governatore De Luca, sindaco Manfredi e Stéphan Lissner, soprintendente del Lirico. Scroscianti, lunghi, convinti; sono altri applausi, quelli della sala sfolgorante, quando il Presidente entra nel palco reale e l'orchestra intona l'inno di Mameli. Il canto sommesso del pubblico dona impreviste emozioni. Al termine, standing ovation. Qualche brivido.
Dopo «La Bohème» del 12 ottobre, recupero della stagione passata, «Otello» ha inaugurato ieri la stagione 2021-22, con cast e parterre prestigiosi. Kaufmann e la Agresta; regia di Mario Martone, che torna al San Carlo dopo 15 anni, e Michele Mariotti sul podio. In platea, oltre a Mattarella, il presidente della Camera Fico; il ministro dell'Istruzione Bianchi; il nuovo ad della Rai Carlo Fuortes; prefetto e questore; l'ambasciatore di Francia; registi (Roberto Andò), attori (Toni Servillo); e imprenditori, magistrati, galleristi, il cda del Lirico... (se fossimo alla Scala, avremmo la diretta Rai; ma siamo a Napoli).
Martone e Servillo sono amici storici. Insieme, hanno rinnovato il teatro italiano. E ora l'attore ricorda il primo «Otello» del regista napoletano, 1982: «Andrea Renzi protagonista; Thomas Arana, Jago; Licia Maglietta, Desdemona; le musiche di Peter Gordon.
Mattarella ha portato con sé anche il figlio Bernardo, la figlia Laura e il genero. L'aria è di festa. Solenne. Obbligo di cravatta. Trionfo di smoking e lunghi gran gala, radical chic elegante, qualche pelliccia (vera), tanto per gradire. Sorrisi. Il San Carlo ha già indossato l'alta uniforme. Un corazziere tetragono, all'ingresso, sugella il carisma di una serata cui Napoli, «terzo mondo d'Europa» secondo «Le Figaro», non è più avvezza. Roberto D'Agostino, direttore-guru di «Dagospia»: «Glie rode a quei francesi. Napoli è città-mondo. Resti nel traffico un'ora perché la Galleria è ancora chiusa ma, poi, sai che la sua creatività non ha pari, in tutte le arti. Ma scherziamo!?». A proposito di creatività, Ninni Cutaia è direttore generale della Creatività contemporanea al Ministero per i Beni culturali: «Il San Carlo è un grande teatro. Lo dimostra con un'apertura di assoluta eccellenza e la presenza del capo dello Stato. Kaufmann accetta di cantare in un titolo arduo e lo fa scegliendo questa città e il suo Lirico. Non è un caso. Nello spettacolo dal vivo, Napoli è un'eccellenza, e anche nelle arti contemporanee. Il napoletano Eugenio Viola curerà il Padiglione Italia alla Biennale d'arte di Venezia. Esaltiamo le luci di questa terra, non solo le ombre».
Inter-Napoli si gioca in contemporanea, ma qui stasera non c'è partita che tenga. San Siro è lontano. Lo è il Covid, nonostante le rigide misure sanitarie. Lo è tutto il mondo esterno. Eppure, nello stesso tempo, l'attualità punge tangibile, perché la cieca efferatezza di Otello che uccide Desdemona oggi ha un nome: femminicidio; e Martone lo sa, trasportando Verdi nel XXI secolo. Roberto Andò, direttore del Teatro nazionale. «Mi intriga la sua lettura contemporanea, l'esaltazione di quel meccanismo antropologico che segna il dominio dell'uomo sulla donna. Questo Otello dimostra la forza delle istituzioni come il San Carlo». Quanto al riverbero sulla città, «l'opera non salva il mondo, ma può far crescere la consapevolezza. La cultura dona buoni frutti, ma ha bisogno di tempo».
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