Terra dei Fuochi, le promesse tradite: in 13 anni soltanto due bonifiche

Terra dei Fuochi, le promesse tradite: in 13 anni soltanto due bonifiche
Tredici anni di dibattiti, relazioni, polemiche: fiumi di parole. Ma, da quando si è squarciato il velo sulla Campania dei veleni, una sola discarica della Terra dei Fuochi...

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Tredici anni di dibattiti, relazioni, polemiche: fiumi di parole. Ma, da quando si è squarciato il velo sulla Campania dei veleni, una sola discarica della Terra dei Fuochi è stata messa in sicurezza, la Resit, e un campo, quello di San Giuseppiello, è stato bonificato. Sono, invece, dimezzati i roghi, ma ancora nel 2020 in 90 ne sono stati avvistati 2301. Troppi per considerare vinta la battaglia per la vita. Non bastasse, l’emergenza Covid ha interrotto o rallentato le attività di prevenzione, dagli screening alla raccolta dei dati nei registri tumori.

Nel 2010 il geologo Giovanni Balestri consegnò la prima di una serie di relazioni sulle discariche della cosiddetta Area Vasta di Giugliano e da quel momento la gravità della situazione fu evidente agli esperti e a chiunque volesse capire. La Resit, scriveva Balestri, è una «bomba ecologica» e annunciava: «Se non si metterà in sicurezza entro il 2064, si rischia l’inquinamento delle falde». Non meno grave, a parere del perito della Procura, la situazione delle altre discariche in zona. «L’acqua di falda della Piana Giuglianese entro e intorno agli invasi delle discariche Masseria del Pozzo, Ampliamento Masseria del Pozzo, Schiavi, Novambiente, Resit, Eredi Giuliani, Cava Giuliani è da ritenersi inquinata; stesso discorso per la falda sottostante i terreni dei fratelli Vassallo in località San Giuseppiello».

Che cosa era successo a partire dai primi anni Ottanta lo aveva spiegato già nel 2008 il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo ai magistrati della Dda di Napoli: «Abbiamo scaricato di tutto e non abbiamo mai utilizzato teli di protezione, né pozzi per la raccolta del percolato, il liquido velenoso che avvelena le falde». Nelle discariche della Terra dei Fuochi sono arrivati i fanghi dell’Acna di Cengio, ma anche ceneri provenienti dalle centrali dell’Enel di Brindisi e avanzi tossici delle imprese di tutta l’Italia.

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Una situazione drammatica, confermata da molti altri collaboratori di giustizia, da Nunzio Perrella a Carmine Schiavone. Eppure, 13 anni dopo, molti nodi restano da sciogliere. Il risultato più importante è stato raggiunto dall’ex commissario Mario De Biase che è riuscito a portare a termine la messa in sicurezza della Resit e a bonificare con una tecnica innovativa i campi di San Giuseppiello, di proprietà dei fratelli Vassallo. Lo sversatoio doveva essere trasformato in parco pubblico, ma gli interventi si sono fermati quando le competenze sono passate alla Regione che ne sta trasferendo la cura alla Sapna, la società della Città Metropolitana incaricata della gestione degli impianti dei rifiuti. Per la discarica di Masseria del Pozzo manca la copertura con il terreno vegetale e alcuni impianti. Secondo la Sogesid, la società pubblica che coordina gli interventi, bisognerebbe finire entro l’estate. Per Novambiente si stanno verificando i progetti esecutivi. L’Area Vasta nel frattempo è tornata a essere un sito d’interesse nazionale (anziché regionale) e ministero dell’Ambiente e Comune di Giugliano ne hanno più volte sollecitato la perimetrazione, che dovrebbe essere portata a termine dalla Regione. Un’altra bomba ecologica resta la So.ge.ri di Castel Volturno, dove i lavori per la messa in sicurezza dovrebbero concludersi entro l’estate. Sulla discarica di Pianura è tornato a occuparsene il perito Giovanni Balestri, ma si è dimostrata ardua pure l’impresa di svolgere saggi e analisi dei materiali. 

Gli incendi dei rifiuti tossici sono un’altra importante causa d’inquinamento. Bruciano gli scarti di lavorazione delle imprese a nero, ma anche i rifiuti urbani abbandonati sul ciglio delle strade da cittadini incivili. Per combattere gli sversamenti abusivi e le successive combustioni, dal 2012 si sono succeduti quattro tra prefetti e viceprefetti incaricati di organizzare le azioni di contrasto nei 90 Comuni che hanno aderito al “Patto per la Terra dei Fuochi”. Per contrastare l’illegalità è sceso in campo l’esercito e sono stati utilizzati i droni. Alcuni risultati sono stati raggiunti, come ha sottolineato l’attuale incaricato, il viceprefetto Filippo Romano: solo nel secondo semestre 2020 sono state elevate contravvenzioni per 794.657 euro, sono state sequestrate aree per un totale di 90mila metri quadrati, sono state ritrovate 187 tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente e sono stati spenti 948 roghi. Gli incendi, però, sembrano essersi spostati verso gli impianti, dove restano accatastate tonnellate di spazzatura in attesa di essere smaltite. E, infatti, anche in questa legislatura la commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti ha svolto indagini sul fenomeno. Sul suo sito il presidente Stefano Vignaroli fornisce dei dati. «Tra inizio 2014 e agosto 2017, la Commissione ha contato 259 incendi, concentrati per il 47,5% al nord, il 16,5% al centro, il 23,7% al Sud e il 12,3% nelle isole. In un’audizione davanti alla Commissione a fine maggio 2019, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato che nei 12 mesi precedenti si erano verificati 262 incendi, in media uno ogni tre giorni». Apparentemente, quindi, le fiamme si sono spostate dal Sud al Nord, ma le indagini della magistratura hanno dimostrato che in molti casi sono stati bruciati dei capannoni dove erano stati raccolti i rifiuti che la Campania non è riuscita a smaltire. Si brucia quello che non si riesce a smaltire perché mancano gli impianti. Il nodo, in fondo, è sempre lo stesso: l’incapacità di realizzare un ciclo corretto e controllato. E così i rifiuti diventano veleni. 

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E i veleni uccidono. Ma l’aggiornamento dei dati sulle neoplasie procede a rilento e in ordine sparso. Resta avanti l’Asl Napoli 3 Sud, già nel 1995 prima a partire con il dottore Mario Fusco che oggi è il coordinatore regionale di tutti i registri tumori. E spiega: «L’emergenza Covid ci ha penalizzato. Ci ha impedito di raggiungere l’obiettivo fissato nel 2020, ovvero di completare su tutto il territorio l’elaborazione delle informazioni sull’incidenza relative al 2016». Perché? «Alcune Asl hanno distaccato il personale per fronteggiare la pandemia». Anche la task-force voluta da Palazzo Santa Lucia non si riunisce da mesi. «Sempre per colpa del virus», dice Fusco, che è uno dei componenti e dei pilastri del monitoraggio. Così l’ultimo report per l’intera Campania si ferma al 2014, ma le pagine web delle singole aziende sanitarie ancora prima. «La Napoli 1 è alla preistoria: fa scaricare il rapporto fino al 2012», segnala Antonio Marfella, presidente medici per l’ambiente a Napoli. 

Alla fine, è rimasto sulla carta anche il progetto di coinvolgere i medici di famiglia come «sentinelle» anti-cancro, già ragione di scontro tra il governatore Vincenzo De Luca e l’allora ministro della salute, Giulia Grillo. «Ma la rete territoriale resta fondamentale per avere un alert in tempo reale sull’andamento delle malattie», ribadisce Ferdinando Russo, ideatore di quel modello e oggi manager dell’Asl di Caserta. Lui non si è arreso: «Qui il programma è partito lo stesso, con un protocollo siglato con la Procura di Santa Maria Capua Vetere», spiega senza polemizzare. 

I ritardi accumulati con il Covid sono evidenti in Campania più che nel resto d’Italia. «Una realtà indietro nelle attività di prevenzione, nonostante gli sforzi», ammette Angelo d’Argenzio, che coordina l’osservatorio epidemiologico ed è anche alle prese anche con la “caccia la vaccino”. L’adesione allo screening al colon retto è passata dal 5,59 all’1,56 per cento tra la popolazione, quella per la cervice uterina dal 12,72 al 5,71, le mammografie dal 12,13 al 7,16. Di qui la decisione della Regione di recuperare fondi per uno sprint necessario. Soprattutto il primo lockdown ha bloccato le attività programmate. A Giugliano, simbolo del disastro, e in tutta l’area domizia e flegrea, visite ed esami mirati in questo ambito sono stati interrotti, azzerando il trend positivo registrato invece nel 2019 (con un più 18 per cento, ad esempio, nella prevenzione del tumore al colon). Ora la Asl Napoli 2 Nord sta riprogrammando i servizi. Ma non è semplice farlo per le restrizioni anti-contagio. Nella Napoli 1, Tiziana Spinosa, la coordinatrice del programma per Terra dei Fuochi che prevede una serie di controlli aggiuntivi e gratuiti per la diagnosi precoce di più patologie, dal melanoma al cancro al seno, spiega che non si può fissare più di una visita ogni mezz’ora. E il timore di ammalarsi frena l’affluenza. «Da giugno, le prenotazioni - senza prescrizione, in farmacia o al Cup aziendale - sono comunque riprese, e possibili», sottolinea. A Caserta e dintorni, al momento dei test antigenici per lo screening scolastico, i docenti sono invitati a fare un check up. «La partecipazione è al momento bassa. Ma non si può curare solo il Covid», conclude Russo. 

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Il Mattino