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Il risveglio brusco per l'ennesima scossa è alle 4.28, accompagnata da un boato. La magnitudo di durata stavolta è di 2.9 è la profondità di poco meno di 3 chilometri, mentre l'epicentro è stato fissato all'interno della Solfatara. A svegliarsi di soprassalto sono in tanti: Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Marano, Giugliano e perfino su verso Castelvolturno e Caserta. Centinaia le segnalazioni inviate alla piattaforma «Hai sentito il terremoto» anche da Napoli, in particolare tutta la zona occidentale e collinare. La paura che la scossa facesse partire l'ennesimo sciame sismico è stata molto alta, ma a parte un altro evento sismico di magnitudo durata 1.1 alle 15.50, l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ne ha registrati in tutto 6, di magnitudo vicina allo zero.
Niente sciame sismico stavolta, ma nella settimana dal 4 al 10 settembre, secondo il bollettino dell'Osservatorio Vesuviano ce ne sono stati due entrambi con epicentri nella Solfatara: il primo costituito da 11 terremoti con magnitudo massima di 1.6; e il secondo da 28 terremoti con magnitudo massima 3.8, il record energetico degli ultimi 40 anni ai Campi Flegrei. Le scosse del 2023 però superano di gran lunga quelle degli anni precedenti: dall'inizio dell'anno al 30 agosto sono già 4.171 complici anche i numerosi sciami sismici. Nel corso del mese di agosto, infatti, ai Campi Flegrei sono stati registrati 1.118 terremoti, e 435 sono avvenuti nel corso di 5 sciami sismici. Agosto è stato quindi il mese più energetico in assoluto del 2023 ma anche dalla ripresa di questa fase bradisismica iniziata nel 2005.
Da millenni la caldera dei Campi Flegrei è sede di intensa attività vulcanica. La vitalità di quest'area irrequieta è manifestata anche dal rilascio concentrato di gas lungo delle sorte di camini che producono le fumarole, e dal bradisismo, cioè il lento sollevamento o abbassamento del suolo, fenomeno quest'ultimo accompagnato anche da attività sismica. Dal 2005 a oggi è di nuovo in atto un lento sollevamento del suolo che a luglio 2023 ha raggiunto circa 113 centimetri nell'area del Rione Terra, mentre il valore medio della velocità di sollevamento nell'area di massima deformazione permane a circa 15±3 millimetri al mese. Dal 2005, e in particolare negli ultimi periodi, la forma della deformazione si è mantenuta simile, a testimonianza che il processo, e soprattutto la sorgente, non mostrano modifiche significative. Nelle ultime settimane però, come abbiamo detto, si stanno verificando più frequentemente sciami sismici. Sull'origine di questi sciami, l'Ingv per voce del direttore dell'Osservatorio Vesuviano Mauro Di Vito, della direttrice del Dipartimento Vulcani Francesca Bianco e del presidente Carlo Doglioni, hanno pensato di divulgare una sintesi degli studi più recenti.
Le misure periodiche geochimiche continuano a mostrare che il processo di aumento di pressione del sistema geotermico sub-superficiale è ancora in corso e determina una forte risalita di fluidi maggiormente concentrati nell'area di Solfatara-Pisciarelli.
I dati attualmente disponibili indicano perciò che l'origine del sollevamento può essere prodotto da una risalita, probabilmente pulsante, di fluidi di origine magmatica. I fluidi si generano a profondità probabilmente superiori a 6-8 chilometri, all'interno di una vasta e articolata camera magmatica ipotizzata da vari tipi di studi e indagini indirette. Da questo magma provengono le grosse quantità di gas che risalgono verso la superficie. In particolare, i gas interagiscono con le rocce superficiali e con il sistema idrotermale superficiale, presente nei primi 2-3 chilometri di profondità. La quantità di gas rilasciata è ragguardevole: solo nell'area di Solfatara-Pisciarelli determina, in media, la fuoriuscita di oltre 3mila tonnellate di CO2 al giorno, in buona parte derivante dal degassamento magmatico profondo e dall'interazione del magma con rocce carbonatiche. Attualmente la probabilità di una eruzione vulcanica è relativamente bassa, proprio perché non vi sono evidenze di risalita di magma verso la superficie. Tuttavia, il vulcano ha la sua inarrestabile naturale evoluzione e, prima o poi, tornerà a eruttare.
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