Torna a Sorrento la cinquecentesca statua della Madonna del Rosario dopo il restauro

La statua della Madonna del Rosario dopo il restauro
I fedeli possono finalmente tornare a pregare davanti all'antica statua della Madonna del Rosario custodita nella chiesa dei santi Felice e Baccolo del centro storico di...

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I fedeli possono finalmente tornare a pregare davanti all'antica statua della Madonna del Rosario custodita nella chiesa dei santi Felice e Baccolo del centro storico di Sorrento. Domani, alle ore 18, è in programma una celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Francesco Alfano, arcivescovo della diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, con la presenza del sindaco Massimo Coppola, per il rientro, la benedizione e l'esposizione della cinquecentesca statua della Vergine, riportata agli antichi splendori grazie ad un accurato restauro della ditta Breglia di Vico Equense.

Una settimana di festeggiamenti con un ricco calendario liturgico organizzata dall’Arciconfraternita del Santissimo Rosario, guidata dal priore Carlo Incoronato, nel 450° anniversario dell’istituzione della solennità della Madonna del Rosario da parte di San Pio V e 800 anni dalla morte di San Domenico che secondo la tradizione ricevette la corona del Rosario dalle mani della Vergine Maria. 

«La statua lignea – ha spiegato il priore Incoronato – coperta da pesanti riverniciature, con il restauro ha mostrato i vecchi e raffinati motivi decorativi realizzati con la tecnica spagnola chiamata ”estofado de oro” (in uso dall’inizio del quattrocento, fino al settecento) che consiste nell’applicare sottilissimi fogli di oro, su cui viene cosparso uno strato di “bolo d’argilla”, sulla nuda scultura, per poi dipingere su di essi e graffiarli per liberare le parti in cui si intende far riaffiorare l’oro. La scultura – ha concluso il priore – è antica quanto la fondazione dell’Arciconfraternita presso il convento Domenicano di San Vincenzo agli inizi del ‘600, e fu collocata nella chiesa dei Santi Felice e Baccolo, in una teca sull’altare maggiore, quando vi si trasferirono i confratelli».

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Il Mattino