Tribunale di Napoli, posta elettronica in tilt. Gli avvocati: basta smart working

Tribunale di Napoli, posta elettronica in tilt. Gli avvocati: basta smart working
Casella di posta elettronica del Tribunale civile di Napoli «saturata», impossibile mandare istanze o ricevere atti e informazioni. Centinaia di avvocati di fronte...

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Casella di posta elettronica del Tribunale civile di Napoli «saturata», impossibile mandare istanze o ricevere atti e informazioni. Centinaia di avvocati di fronte alla stessa «schermata» che rende impossibile fare depositi di istanze, in procedimenti che rischiano di scadere, quanto basta a far montare la protesta del Consiglio dell'Ordine di Napoli. È il presidente Antonio Tafuri a puntare l'indice contro lo «smart working», vale a dire il regime di lavoro agile che consente ai dipendenti del Tribunale (personale amministrativo e cancellieri) di rimanere due giorni su cinque a casa, con un impegno difficile da quantificare: «Chiedo ai dirigenti degli uffici una verifica formale del lavoro svolto in questi mesi dai dipendenti del Palazzo di giustizia in regime di smart working. Chiediamo un accertamento sulle attività che hanno realmente svolto nei due mesi di lockdown e nella cosiddetta fase due. Riteniamo doveroso far rientrare in servizio il personale, con una presenza fisica in uffici e cancellerie, anche alla luce del trend calante del contagio in Campania».


Dunque, caselle di posta elettronica in tilt. È la stessa presidente Elisabetta Garzo, che da mesi lavora per ricondurre alla normalità il funzionamento della giustizia a Napoli, a indirizzare una nota al Consiglio dell'Ordine degli avvocati, a proposito della «saturazione della casella pec» nel civile: «Considerata la vigenza dei provvedimenti organizzativi di cui al disegno di legge 18/2020 (contenimento Covid-19), questa Presidenza non ritiene opportuno applicare l'articolo 16-bis comma 4 del dl 179/2012, che consentirebbe di autorizzare il deposito cartaceo. Ritengo opportuno invitare le signorie loro a valutare con massima disponibilità tutte le istanze di remissione in termini relative ad atti scadenti nella giornata odierna e in quella di lunedì 8 giugno, con riserva di eventuale integrazione laddove la problematica non dovesse essere risolta». 

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E al Mattino il presidente Garzo chiarisce: «C'è stato un problema del gestore, vista la mole di atti da trattare, motivo per il quale ho disposto di valutare una remissione in termini per quegli atti che scadevano nella giornata di venerdì e che non sono stati formalmente caricati». Ma questo gap del gestore dipende dalla presenza (ancora massiccia) di dipendenti a casa? Può essere considerato una conseguenza del beneficio del lavoro agile assicurato dallo Stato ai dipendenti del Palazzo di giustizia? «Assolutamente no - replica il presidente Garzo -. Non c'è alcuna connessione, dal momento che gli impiegati in regime di lavoro agile non possono accedere alla casella di posta elettronica. Inevitabile una domanda: perché mantenere in vita il privilegio di lavorare due giorni su cinque a casa, a parità di stipendio, anche nei giorni del contagio zero? Un punto sul quale il presidente Garzo è chiara: «Esiste ancora una circolare ministeriale che dispone lo smart working, dai tempi del lockdown, ho anche proposto di garantire la presenza fisica cinque giorni su cinque in ufficio, ma questa possibilità non è stata accolta». Da chi? «Da parte del personale amministrativo e dagli stessi organi di rappresentanza sindacale, che si appellano al provvedimento vigente. A questo punto non resta che auspicare un intervento del ministero, per far ritornare fisicamente al lavoro tutti i dipendenti del Tribunale».


Resta però in piedi la richiesta di verifica da parte del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati. Una istanza con cui si chiede chiarezza sul lavoro realmente svolto da chi ha avuto la possibilità, nei mesi della grande crisi sanitaria e economica che ha attraversato il Paese, di rimanere a casa per attività che oggi da più parti si chiede di verificare.

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Il Mattino