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È diventata ormai una sfida: colpo su colpo, simbolo contro simbolo. In via Orsini, lì dove 13 mesi fa trovò la morte il 15enne Ugo Russo nel tentativo di rapinare un carabiniere fuori servizio con una pistola-replica, era sorto un altarino abusivo per commemorare il giovane. Scritte sui muri, una foto su una tabella pubblicitaria, dei collage che il Comune - tardivamente - aveva coperto con dei fogli bianchi. É durato appena un giorno il ripristino della legalità a Santa Lucia, a due passi dalla sede della Regione, poi quelle strisce bianche sono state rimosse e le scritte sono così ricomparse sui muri di via Orsini. Una guerra di simboli di cui si discute da mesi, ma che nessuna delle parti sembra intenzionata a perdere. Sembra una partita di tennis in cui ognuno butta la palla nel campo avversario.
Sull'altarino di Santa Lucia era stato proprio il nostro giornale a segnalare nei giorni scorsi un episodio singolare quanto increscioso. Nella zona gli addetti del Comune di Napoli erano intervenuti la settimana scorsa per coprire con dei fogli bianchi tutte le affissioni abusive sui tabelloni pubblicitari, un'operazione ripetuta per oltre una ventina di cartelloni nelle strade circostanti, ma soltanto la foto del ragazzino ucciso era stata salvata, nonostante fosse stata attaccata proprio su una delle tabelle di proprietà comunale. Un intervento strabico da parte del Comune a cui - solo dopo la pubblicazione di un articolo del Mattino che raccoglieva i malumori dei residenti - gli addetti comunali avevano riparato coprendo anche le scritte presenti sui muri di via Orsini con dei fogli bianchi. É durato poche ore il ripristino della legalità, ieri quei fogli bianchi sono nuovamente scomparsi per mostrare nuovamente le frasi dedicate al baby-rapinatore.
Non solo tanti Ugo Vive era stato scritto sul palazzo di via Orsini, ma era persino comparsa un codice con due numeri: «6 e 16», che nel linguaggio-gergo dei graffiti sono utilizzate le cifre per indicare le lettere dell'alfabeto. Il sei e il sedici altro non sono che «FR», Famiglia Russo.
«Si sentono i padroni della città e costringono i cittadini - ha denunciato ieri il consigliere regionale Francesco Borrelli, da tempo in prima linea contro queste opere - ad assistere ai loro scempi e ai loro messaggi pro-delinquenza. Le scritte le rimuoveremo noi con la nostra idropulitrice, l'abbiamo proposto al Comune». Si auspica, ovviamente che dal municipio si intervenga in fretta come già avvenuto dopo le denunce del nostro giornale. «Troviamo tutto ciò - ha continuato l'esponente in Consiglio regionale di Europa Verde - un affronto alla legalità, come se qualcuno avesse voluto esplicitamente lanciare il guanto di sfida alle istituzioni. Questa gente non soltanto inneggia alla criminalità ed esalta la figura di un rapinatore, mitizzandola, rendendola un modello da seguire, ma di fatto si autoproclama come padrona della città e delle strade, impossessandosi del bene comune».
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