Ugo Russo, ricostruito il delitto del giovane rapinatore: «Colpito tre volte»

La probabile svolta è arrivata a due anni dai fatti. Riprodotta la scena: la distanza, la traiettoria, il punto di arrivo e di uscita del proiettile....

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La probabile svolta è arrivata a due anni dai fatti. Riprodotta la scena: la distanza, la traiettoria, il punto di arrivo e di uscita del proiettile. L’intensità (e il carattere letale) dell’impatto. Parliamo del colpo - o meglio - dei colpi che hanno ucciso Ugo Russo, il babyrapinatore ammazzato in via Orsini, nel corso di un tentativo di rapina a mano armata consumato nei confronti di un carabiniere libero dal servizio. Che ha reagito e che ha ucciso il giovane aggressore. 

A distanza di due anni dai fatti, emerge un possibile punto fermo dell’indagine: Ugo sarebbe stato centrato tre volte, come ha avuto modo di ricostruire un consulente nominato da un giudice.

Un episodio rimasto irrisolto da un punto di vista investigativo, che ha spinto la Procura di Napoli a chiedere e ottenere un incidente probatorio - tecnicamente si tratta di una simulazione giudiziaria destinata a finire al vaglio di un giudice - in un luogo riservato, dotato di tutto il corredo tecnico-logistico in grado di assicurare rigore alle conclusioni scientifiche. Pochi giorni fa, la probabile svolta: l’esperimento si è svolto nel chiuso della sala del banco di Prova di Brescia. Già, Brescia. Non Napoli, non in un ufficio di polizia giudiziaria del distretto da sempre alle prese con clan e morti ammazzati, bombe dei clan e decine di omicidi l’anno.

Ma Brescia, appunto: dove esiste il centro specializzato per questo genere di simulazioni processuali, in grado di mettere al riparo particolari apparentemente neutri, che finiscono invece per far pendere da una parte all’altra il pendolo della giustizia. E restiamo al punto principale: qual è il grado di responsabilità e di intenzione omicidiaria da parte di chi ha fatto fuoco? Fino a che punto è possibile bollare come responsabile il carabiniere che ha sparato, usando la pistola di ordinanza? Lo ha fatto per difendersi dall’assalto di due banditi in moto? Lo ha fatto perché spaventato dall’arma impugnata da uno dei due (era una pistola replica, ma senza tappo rosso, quindi identica a un’arma comune da sparo)? O ha fatto fuoco quando era fuori pericolo, di fronte a un bandito che batteva in ritirata? Domande che ruotano attorno a questo esperimento chiesto dalla Procura di Napoli, disposto dal gip Linda D’Ancona ed eseguito nel pieno contraddittorio delle parti. 

Due momenti clou: prima la simulazione balistica, poi l’udienza in cui il consulente ha offerto al gip e alle parti le proprie conclusioni. Un incidente probatorio per rogatoria, lontano da Napoli. 

Un percorso non facile verso l’accertamento della verità, come emerge anche da una circostanza che non è passata inosservata: in questi mesi, è stato revocato un professionista inizialmente nominato da parte del giudice, per metodi e conclusioni che non sono stati ritenuti all’altezza della complessità del tema trattato. Ed è uno dei motivi per i quali il caso di Ugo Russo non è ancora chiuso sotto il profilo investigativo. Inchiesta condotta dai pm Simone De Roxas e Claudio Siragusa, mercoledì scorso l’udienza a porte chiuse per la relazione del consulente. Ora toccherà alla Procura sciogliere le riserve. 

Diverse le strade possibili: la richiesta di processo per omicidio a carico del carabiniere (al vaglio le ipotesi di omicidio volontario o preterintenzionale); o una richiesta di archiviazione (qualora venisse fuori l’ineluttabilità della reazione del militare). Era il primo marzo del 2020, in via Orsini, quando si consumò la rapina con epilogo drammatico. Da allora, si attende di conoscere una verità che - alla luce di quanto accaduto pochi giorni fa a Brescia - sembra a portata di mano. 

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Il Mattino