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«Serve un intervento urgente del Parlamento che preveda una norma ad hoc per i progetti del Pnrr e per stabilizzare i quasi 10mila medici delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziali che ci hanno consentito in tutta Italia di fronteggiare il Covid e salvare vite umane. Dal primo aprile, con la fine dello stato di emergenza, quasi tutti questi professionisti resteranno senza lavoro». L'appello arriva da Antonio D'Amore, direttore generale dell'Asl Napoli 2 Nord e vicepresidente nazionale della Fiaso, la federazione italiana che riunisce le oltre cento aziende sanitarie locali sparse in giro per l'Italia. Lo stato di emergenza pandemica termina il 31 marzo e, con esso, tutta la legislazione speciale che ha consentito di inserire nel sistema sanitario nazionale, attraverso le Usca, gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e i medici. Ma se per Oss e infermieri è arrivata la stabilizzazione, non così per i neolaureati in medicina, che per accedere alla professione devono obbligatoriamente compiere un percorso formativo post-laurea, con tirocinio e corsi di specializzazione. «Siamo di fronte a una situazione al limite del paradosso sottolinea D'Amore perché il nostro sistema sanitario nazionale ha fatto fronte alla pandemia grazie al contributo anche di questi giovani neolaureati, che da due anni hanno potenziato la rete di medicina generale e maturato una preziosa esperienza. Ma ora questa esperienza si perderà - continua il manager - e l'Italia non può permetterselo. Anche perché deve essere chiaro a tutti che il 31 marzo finisce lo stato di emergenza, ma di certo non finisce il Covid».
Per dare il senso pratico dell'allarme lanciato dal manager basti pensare che nella sua azienda sanitaria, che è la terza più grande d'Italia con più di un milione di residenti, da ieri sono stati chiusi sei dei 13 hub vaccinali finora in attività e che hanno consentito di somministrare in 13 mesi oltre due milioni di dosi.
Le truppe indietreggiano, ma il nemico silente resta in agguato. «Con la pandemia abbiamo dato una risposta organizzativa eccezionale, in termini di riorganizzazione dei reparti, di servizi di telemedicina e di campagne vaccinali senza precedenti continua il manager - ma scontiamo decenni di tagli a personale e investimenti. Il Covid ha segnato uno spartiacque e nulla sarà più come prima. Serve una flessibilità legislativa che faccia il paio con la flessibilità organizzativa che ci verrà richiesta quando dovremo gestire ancora migliaia di pazienti Covid in Italia, in tanti ospedali non più classificati come Covid center dedicati e senza lo strumento in deroga dello stato di emergenza. Per non parlare, poi, degli investimenti nel comparto sanitario per il Pnrr. Realizzeremo ospedali di comunità e potenzieremo la medicina territoriale ma poco o nulla è stato previsto per le nuove assunzioni. Anche in questo caso serve una normativa nazionale derogatoria, altrimenti avremo armi spuntate in questa guerra permanente».
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