Vaccini, il racconto dei campani all'estero: «Così siamo tornati finalmente a vivere»

Vaccini, il racconto dei campani all'estero: «Così siamo tornati finalmente a vivere»
«La libertà - scrisse Piero Calamandrei - è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare». Ma ne gli ultimi due...

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«La libertà - scrisse Piero Calamandrei - è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare». Ma ne gli ultimi due anni il Covid-19 ne ha azzerato il significato, per il bene comune, è chiaro, ma con tante conseguenza. Una libertà che in Italia pare, però, sempre più vicina, specie tra i giovanissimi: dal prossimo 3 giugno, infatti, via libera ai vaccini. Una libertà, dunque, finalmente riconquistata anche qui, ancora con le dovute cautele, naturalmente, tra discussi coprifuoco e colori delle regioni.

Da Shanghai, dove tutto iniziò, a Londra, dove tutto fu sottovalutato, passando per Miami e Tel Aviv, alla vita si è tornati già da un bel pezzo, e dai racconti dei giovani corregionali in giro per il Globo, più che di libertà si respira oramai in modo definitivo, aria di quotidianità, come racconta Dario Famularo, originario di San Giorgio a Cremano, classe ’89, studente di dottorato alla Fudan University, a Shangai da due anni: «In Cina il ritorno alla normalità è stato graduale. Non ci sono restrizioni, eccetto l'obbligo di mascherina sui mezzi pubblici e in cinema e teatri, mentre alcune categorie (chi lavora nelle scuole e nelle università pubbliche e gli studenti) devono avvisare l'istituzione nel caso lascino la città e indicare la destinazione».

«Vedere i bambini abbracciarsi, giocare e correre insieme è una felicità indescrivibile: quando tutto è iniziato sembrava un traguardo lontano, invece in poco tempo si è ritornati alla normalità», racconta Adelaide De Concilio, originaria di Battipaglia, 38 anni e da 11 in Israele. In Israele vive anche Tommaso Salzillo, 35enne casertano ricercatore al Weizmann Institute of Scienze, arrivato lì in piena pandemia: «La vita di un giovane ricercatore all’estero è basata sull’interazione e il lockdown è stato molto duro. Poi, circa un mese e mezzo fa laboratori e uffici hanno cominciato a riempirsi e la prima birra, seduti al tavolino con gli amici è stata davvero una sensazione notevole». 

«Qui a marzo ci fu una chiusura immediata e totale fino alla fine di maggio; poi, pian piano iniziò a vedersi una lenta riapertura. Da allora non si è mai richiuso », dice Giusy Sacco di Ercolano, 34enne, negli USA da un paio d’anni, mentre per Alessia Balzano 28enne, ercolanese anche lei, impiegata e da tre anni in Inghilterra. «Libertà significa ritrovare la speranza. Io, come molti altri espatriati, ho avuto paura di perdere tutto, e vedere Londra una città fantasma, è stato un dolore enorme. Ho lottato per restare qui, e questa libertà ora non ha prezzo».

E se in Cina le restrizioni riguardano solo chi ha intenzione di entrare nel Paese, in Israele nei luoghi al chiuso è obbligatorio il certificato vaccinale dove è presente il QR Code per la verifica, mentre a Londra le mascherine, complico anche esperimenti e proteste, sono quasi un lontano ricordo; mascherina a Miami sì ma poco, pochissimo, obbligatoria. Campagna vaccini: eccola la vera arma contro il Covid19, quella che, sostengono i campani all’estero «ci ha davvero permesso di tornare alla vita»: a Shanghai è in minima parte ancora in corso, ma non esiste obbligo, eccetto per sanitari, insegnanti, autisti di mezzi pubblici. Per molte categorie il vaccino è gratuito (come per gli studenti), in altri casi sono le aziende a pagare i vaccini per i propri dipendenti ma il costo è basso: 12 euro a dose. A Miami è stata una macchina perfetta e ad oggi si possono vaccinare tutti gli over 16, anche non residenti. «Mi sono vaccinata? Si, ho scelto il Johnson», dice Giusy, mentre a Londra si è già alla fine del tunnel, con l’obiettivo di vaccinare tutti i britannici almeno con la prima dose, ebreo il 1 luglio. A Tel Aviv tutto è stato telematico, senza neppure liste d’attesa: bastava collegarsi a sito o app e scegliere giorno e ora. 

Covid-19 solo un lontano ricordo, dunque? Non proprio: a Shangai se ne parla molto, per la situazione internazionale e per i vaccini; in Israele non è più l’argomento principale, visto anche i recenti avvenimenti, ma se ne parla per la voglia di tornare a viaggiare. A Londra se ne parla, invece, poco: «La BBC ne parla ma si è parlato molto di più ad esempio del vaccino ai reali che del Covid in sé», specifica Alessia. Insomma, lo sguardo in questi paesi è già più che rivolto al turismo, estero, più che alla situazione interna. Ma come vedono invece, l’Italia? Se dalla Cina la risposta è secca – Male - perché «è difficile da accettare che uno degli stati più ricchi del mondo non abbia saputo garantire il diritto alla salute e solo ora pare ne stia uscendo», da Londra, «è tutto molto surreale e grottesco e da Miami ciò che pervade è «un forte senso di amarezza e dispiacere» . A Miami ci si sente “fortunati”, a Londra “invidiati”, mentre in Israele «c’è un forte senso di orgoglio per la questione vaccini».

Insomma, anche se in ritardo, anche l'Italia ne sta piano piano uscendo. La domanda, però, resta: quale sarà il prezzo, in termini economici certo, ma anche di vite umane perse e di vita sociale e crescita per i giovani, studenti e non, che alla fine ci si troverà a dover pagare per i tanti ritardi e la gestione quantomeno confusa? Chissà a quali posteri (ma nemmeno troppo posteri) toccherà ora l'ardua risposta. E soprattutto, a chi, nel caso, toccherà pagare quel conto, che si preannuncia già salato.

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Il Mattino