Nel cuore della notte, quando il carro della Mortuaria era già giunto a destinazione per depositare la salma in una cella frigorifera dell’obitorio, qualcuno ha...
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SENZA PASSATO
Scavare nella sua vita è apparso subito un’impresa anche per la polizia. Ci sono volute quattro ore per identificarlo: perché Mohammed era un irregolare, uno dei cento, mille sans papier e perciò stesso un fantasma. C’è voluta la tragedia per accendere un algido cono di luce su di lui, sul suo aggressore, e sulle condizioni di disperazione che - in fondo - scorrono ogni giorno sotto i nostri occhi, e dovunque. Già, perché oggi quel sottobosco umano costretto a vivere (per scelta o necessità che sia) ai margini non è più triste prerogativa della Ferrovia, di via Marina o di certe periferie dimenticate: e certi gironi infernali popolati da invisibili fantasmi in carne ed ossa sono ormai impiantati anche nei «salotti buoni» di Chiaia, di Posillipo e del Vomero. Tra le persone che conoscevano e assistevano in strada Mohammed c’era persino chi - fino a sabato sera - pensava che quell’omaccione che negli ultimi mesi si era fatto crescere i capelli con il taglio dei «Rasta» fosse un russo; e un motivo in fondo c’era: perché nella sua tormentata vita - e il perché non si saprà mai - questo nordafricano aveva peregrinato in lungo e largo per l’Europa, approdando persino a Mosca, dove aveva avuto una figlia. Chissà quanto c’era rimasto, nell?Est: fatto sta che nel suo italiano smozzicato parlava con una netta inflessione che lo faceva sembrare «un russo».
IL QUARTIERE
Chiaia e Mergellina si risvegliano così: con un marciapiedi ancora invaso dal sangue raggrumato che nessuno - né un netturbino, né un residente - ha pensato di ripulire lanciando qualche secchiata d’acqua. Distratta, una folla di gente percorre quel tratto di strada e a stento si ferma a guardare dove si sono chiusi, per sempre, gli occhi di un essere umano. «Ah, è qui che è successo?», risponde un signore che abita due isolati più in là. Conosceva quest’uomo, lo aveva mai incrociato qui ai semafori? «No: io la sera torno presto a casa e sinceramente evito di uscire, soprattutto nel fine settimana quando questa strada (via Caracciolo, ndr) si trasforma in un carosello di auto impazzite». Proviamo a chiedere la stessa cosa a un’anziana signora accompagnata dalla figlia. «È vero - dice - qui ai semafori ci sono sempre stranieri a chiedere soldi, o ambulanti pronti a vendere di tutto. Ma non danno poi tanto fastidio. I problemi veri sono altri: guardate in che condizioni sono i giardini».
LO SCANDALO
Già, i giardini. Percorrendo il sentiero dell’aiuola in cui Mohammed «Zico» dormiva la prima immagine che balena in mente è quella della polvere nascosta sotto il tappeto della pi bella stanza di una casa. Al di là c’è via Caracciolo, con il mare, il panorama da cartolina, i suoi chalet sfolgoranti di luce e gli attici da un milione di eiro; al di qua c’è l’inferno. Un degrado fatto di miseri giacigli, cartoni, materassi, bottiglie rotte, escrementi, stracci sporchi. Mohammed viveva qui. E non era solo, a contare coperte e fornelletti a gas: ma quel che è accaduto l’altra sera deve aver messo in fuga anche tutti gli altri fantasmi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino