Quadrilatero delle Carceri a Torre Annunziata, murato l'ultimo accesso: sorella del boss costretta ad andare via

Quadrilatero delle Carceri a Torre Annunziata, murato l'ultimo accesso: sorella del boss costretta ad andare via
È stata l'ultima ad uscire dal quartiere prima che un muro e dei cancelli chiudessero quell'unico accesso rimasto ancora libero. Da ieri mattina il Quadrilatero...

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È stata l'ultima ad uscire dal quartiere prima che un muro e dei cancelli chiudessero quell'unico accesso rimasto ancora libero. Da ieri mattina il Quadrilatero Carceri è murato, inaccessibile, una sorta di zona off-limits. Un pezzo di territorio recintato, che per decenni ha atteso invano il rilancio e la riqualificazione, prima che i palazzi iniziassero a crollare, rovinando sulla strada o l'uno sull'altro. Solo il volere, la determinazione e, soprattutto, l'accelerazione degli ultimi anni impressa dalla Procura di Torre Annunziata, guidata da qualche mese dal procuratore Pierpaolo Filippelli, è riuscita dove la politica ha fallito: sgomberare la zona, evitando che i crolli, che si susseguono a ritmi costanti, possano fare vittime. Ultima delle 13 famiglie che avevano ricevuto l'ordinanza di sgombero, notificata dai carabinieri della compagnia agli ordini del capitano Luigi Cipriano e divenuta ormai perentoria da una settimana, la signora Gallo, sorella del boss del clan dei «Cavalieri» Francesco, ha lasciato la sua abitazione.


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LA PARABOLA
«L'ultima torrese», parafrasando la metafora che ha reso celebre il militare giapponese che ha continuato a combattere la guerra, ignorando che il secondo conflitto mondiale fosse finito da tre decenni. Quasi lo stesso lasso di tempo che è trascorso da quando le strutture del Quadrilatero hanno subito il colpo fatale, con il terremoto del 1980. Da allora, complici politica e burocrazia, tutto è rimasto avvolto in un limbo, scosso solo dal decadimento dei palazzi dovuti al tempo. L'inizio della fine del Quadrilatero ha un giorno preciso: 21 gennaio 1946, 74 anni fa. In quel pomeriggio, a pochi mesi dalla conclusione della seconda guerra mondiale, trenta vagoni ferroviari carichi di munizioni e di bombe per aeroplani, depositati nello scalo marittimo oplontino, scoppiarono, radendo al suolo l'area circostante. Si contarono 54 vittime e 600 feriti. La zona della Marina ne uscì a pezzi. Non sono bastati 34 anni per metterla in sicurezza: il terremoto che ha sconvolto il Sud ha fatto prima delle amministrazioni comunali, dando il colpo di grazia ai palazzi venuti su in quello che agli inizi del Settecento era il giardino del principe Dentice. Sempre nella storia del quartiere è scritto il motivo dell'appellativo «Carceri»: nell'ultimo ventennio dell'800 fu edificata una prigione mandamentale, abbattuta agli inizi degli anni Venti del secolo scorso.

I RISARCIMENTI
Ma è dopo il terremoto che si palesano limiti e contraddizioni. Fu messo su carta un mega progetto di riqualificazione del Quadrilatero che, però, ha vincolato fino a bloccare l'iniziativa privata dei proprietari dei palazzi, che volevano accedere ai fondi per la ricostruzione e rimettere in sesto i fabbricati. Oltre al danno di aver lasciato all'incuria una parte del territorio, la beffa: il maxi risarcimento da 5 milioni di euro che il Comune ha iniziato a pagare ai proprietari degli immobili ai quali di fatto fu impedito di ritornare nelle proprie case.

Via Bertone separa il quartiere da Palazzo Fienga, ex roccaforte del clan camorristico di Valentino Gionta, sgomberato nel 2015, murato e confiscato dallo Stato. Il mese scorso, in occasione della cittadinanza onoraria post mortem al giornalista de Il Mattino Giancarlo Siani, il ministro Luciana Lamorgese ha ufficializzato l'attenzione dello Stato e la volontà di recuperare quel palazzo. Restano ancora i nodi sull'intera area, ad oggi senza un progetto definitivo di riqualificazione e, soprattutto, senza alcuna fonte di finanziamento. L'amministrazione guidata dal sindaco Vincenzo Ascione ha inserito la zona negli asset di sviluppo della città nel redigendo Piano urbanistico comunale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino