Non ci riuscirono neppure nelle fasi peggiori della faida. Andare là sotto, nel covo dei Notturno, era una cosa impensabile anche per i killer di Cosimo Di Lauro, che pure...
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Impossibile fino a qualche mese fa, assolutamente realizzabile oggi che la famiglia dei Notturno - forse la prima a rivoltarsi contro Cosimo Di Lauro, nell’ormai lontano 2004 - ha perso peso politico agli occhi delle altre famiglie di spacciatori. Un agguato figlio dei tempi che corrono, dopo il pentimento dello scorso maggio di Gennaro Notturno, zio di Nicola il «chiatto», del 21enne ucciso la notte scorsa sotto casa. Potrebbe non c’entrare niente come causa scatenante, la storia del pentimento di Gennaro con la morte del nipote Nicola, di sicuro rappresenta la chiave di volta dello scenario attuale, lo sfondo in cui si è consumato il delitto della scorsa notte.
Nessuna possibilità di difesa da parte del 21enne, che ha abbozzato una fuga per una ventina di metri, appena uscito dall’auto con la quale rincasava passata la mezzanotte. Look stile Isis, con barba folta e occhiali scuri, una faccia da ragazzo che si atteggia a duro, immortalato sui social in posti esotici in recenti vacanze estive. Ieri notte, la sua presunta ascesa criminale è stata soffocata sul nascere, sotto casa. Ha provato a correre, ma sapeva di essere spacciato, in quanto mollato dal sistema di protezione che ha tutelato la famiglia per anni, a dispetto delle tre faide che negli ultimi 13 anni si sono abbattute in zona Scampia. Ucciso perché i conti non tornavano, nella distribuzione dei soldi da far girare agli affiliati e settembre si sa è un mese decisivo per impostare tregue, alleanze, equilibri.
E per rivedere la gestione della cassa comune, quella che serve a foraggiare i detenuti, a partire dai boss reclusi ormai da qualche anno.
Una fotografia del potere economico degli scissionisti tra il 2012 e il 2017, alla quale il gip del Tribunale di Napoli ha prestato fede, a dimostrazione del giro d’affari che resta radicato proprio in quella zona. Ventuno anni, aspirante al trono che è stato del padre Raffaele (detenuto dal 2012), nipote di boss e reggenti che per anni hanno fatto girare la cocaina a Napoli e dintorni, aveva cercato di imporsi nel sistema dello spaccio locale. Meno soldi, meno file all’esterno degli scantinati, piazze di spaccio «liquide» e meno vistose. Ma comunque funzionali, operative, al punto tale da rimanere una voce attiva nell’economia criminale locale, il primo indotto del sistema malavitoso retto da clan vecchi e nuovi.
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Il Mattino