Un video a luci rosse girato in una camera da letto. Immagini forti che da giorni passano di cellulare in cellulare raggiungendo centinaia di studenti napoletani. Lo chiamano...
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Un filmato provocazione, insomma, girato dalla ragazzina con la speranza di prenderlo per la “gola”, convincerlo a mollare la nuova fiamma e a tornare con lei. Risultato: il ragazzino non avrebbe cambiato idea e nel frattempo le sue “performance” stanno ancora facendo il giro dei telefonini degli studenti dei licei di Chiaia. Dall’Umberto al Mercalli, dal Mario Pagano al Settimo scientifico, i ragazzini non parlano d’altro. Per la verità se ne parla anche tra genitori: non sono pochi quelli ai quali i figli hanno mostrato i video girati dall’amica. Qualcuno si indigna, qualcun altro si scandalizza, in tanti fanno finta di nulla perché il fenomeno ormai è talmente diffuso che anche le mamme e i papà sembrano non darci importanza più di tanto.
«La verità è che non si meraviglia più nessuno, e chi lo fa evidentemente vive sulla luna». Non ha dubbi Paolo Crepet, psichiatra e sociologo: «Inutile girarci intorno: la responsabilità è dei genitori. Se lasciano che i figli quindicenni vadano in discoteca o, peggio, ai concerti di trapper che inneggiano al sesso e alla droga, che cosa si aspettano? Ma si può mai tollerare che nelle loro canzoni le ragazze vengano chiamate “tipe” da utilizzare solo per fare certe cose? Secondo me, no». Dai trapper alle mamme: «Quando le vedi insieme alle figlie e quasi non capisci chi è l’una e chi è l’altra, quale insegnamento si trasmette a queste ragazzine? Per non parlare dei papà “evergreen” preoccupati solo di se stessi. Cominciate a controllare i telefonini dei vostri figli, poi ne riparliamo». Non fa sconti, Paolo Crepet, neanche alla scuola che pure dovrebbe avere un ruolo fondamentale nella crescita degli adolescenti: «Non possiamo obbligare una mamma a comportarsi in un certo modo, ma a una insegnante si potrebbe anche dire che cosa deve fare. Ovvero: parlare con i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, affrontare il tema del sesso senza finti imbarazzi. Altrimenti lasceranno gli alunni con le idee confuse e le conseguenze che ne deriveranno».
Non ci sta Luisa Peluso, preside del liceo scientifico Mercalli, ad accettare le accuse del sociologo e le respinge al mittente. «Facciamo la nostra parte, nelle ore che i ragazzi trascorrono a scuola non abbassiamo mai la guardia e, soprattutto, cerchiamo di spiegare loro, tra le altre cose, quali sono i rischi del web». Non solo. La preside non se la sente nemmeno di prendersela con i genitori: «Se lo dice il sociologo probabilmente sarà così, ma dire a un genitore come comportarsi mi sembra abbastanza azzardato e non è certo compito nostro». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino