Napoli, Villa Comunale in agonia: «Presto in campo i privati»

Napoli, Villa Comunale in agonia: «Presto in campo i privati»
La bimba ha poco più di tre anni, tenta di giocare con il nuovo monopattino di plastica che le hanno regalato ma il terreno sconnesso la blocca. Una folata di vento solleva...

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La bimba ha poco più di tre anni, tenta di giocare con il nuovo monopattino di plastica che le hanno regalato ma il terreno sconnesso la blocca. Una folata di vento solleva una gigantesca nuvola di polvere giallastra, la bimba cerca di fuggire, inciampa nel giocattolo e rovina per terra. Adesso piange, vuole andar via: «Qui è brutto, qui è brutto», continua a gridare fra i singhiozzi in braccio alla mamma. 

Villa Comunale di Napoli: dovrebbe essere il vanto della città, è la rappresentazione plateale del fallimento. 
Non esiste cura per i prati, non c’è attenzione per gli alberi, nessun controllo che fermi i teppisti, nessuna manutenzione, è il regno del degrado a due passi dal mare del Golfo.

Dall’ingresso di piazza Vittoria avanzano due ragazzi, vestitino rosa sgargiante per lei, berretto sportivo per lui che indossa pantaloncini e t-shirt: fanno qualche passo e scorgono il nastro rosso che vieta l’ingresso all’area dei giochi. Fingono di non vedere, proseguono sperando in qualcosa di meglio ma s’imbattono in una panchina di porfido totalmente distrutta, vorrebbero deviare su quella vicina che è ricoperta da scritte e, soprattutto, da qualcosa di melmoso e scuro che invita a non sedersi. Tentano di dare un senso alla loro visita, raggiungono la cassa armonica avvolta dal nastro rosso del pericolo. Ora sono definitivamente stufi, sbattono in una borsa “Neapel Sehenswürdigkeiten”, le attrazioni di Napoli, il libro che li ha inutilmente condotti fin lì, e cercano il primo varco d’uscita per abbandonare quel postaccio. 

Al fondo sconnesso dei viali ci si fa l’abitudine anche se la passeggiata, per chi non riesce a muoversi facilmente, è praticamente impossibile. A un tombino che sta sprofondando al centro del percorso principale, invece è impossibile abituarsi, anche se quel pericolo è lì da talmente tanto tempo che i quattro ferri che dovrebbero proteggerlo sono totalmente arrugginiti (e privi, peraltro, di protezione in cima) e la rete rossa che un tempo avvisava del pericolo è diventata di un rosa sbiadito e s’è accasciata. 

La sensazione di pericolo è una costante all’interno della villa Comunale, parte dall’area giochi recintata e vietata, e prosegue alla Cassa Armonica, chiusa dall’estate scorsa, dove una delle statue che regge i lampioni alla base delle scale, si sta letteralmente sfaldando. Per aiutare la statua a sostenere il peso, qualcuno ha avvolto del nastro rosso attorno al collo della figurina femminile e con quello stesso nastro ha “agganciato” il lampione in bilico. Ma l’esperimento è riuscito male, le sfere dell’illuminazione sono pericolosamente in bilico, una è già crollata giù.

Una gigantesca fitolacca al centro di un’aiuola è talmente malmessa da essere considerata a rischio crollo: anche quell’albero è circondato dal nastro rosso, proprio come il tempietto di Virgilio che ha crepe profonde e poco rassicuranti ai margini del tetto. 

Gli alberi resistono perché hanno la forza di radici profonde e tenacia antica, le siepi stanno male perché il gran caldo e l’evidente mancanza d’acqua le mettono in difficoltà, il prato non esiste: c’è solo una folta raccolta di erbacce e piante infestanti in parte morte sotto al sole cocente. Il risultato è un’immensa steppa marroncina che ricopre ogni angolo destinato a prato.

La questione è perfettamente nota all’assessore al verde, Vincenzo Santagada che da giorni sta lavorando per un “regolamento del verde” che hanno tutte le città d’Italia e che solo a Napoli mancava: «Sarà un documento utile per organizzare il futuro. Conterrà anche dettagli sulla possibilità di affiancare iniziative private al pubblico, ci permetterà, a breve, di far partire nuovi progetti. Anche per la Villa Comunale auspichiamo la partnership con i privati, stiamo lavorando, dateci solo altro un po’ di tempo. 

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Il Mattino