L’edizione del 1937 dell’Enciclopedia Treccani definiva Vivara uno Scoglio, che si estende per 0,2 kmq. fra le isole d'Ischia e Procida. Su esso sorse una...
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L’ultima campagna di scavo, condotta da Massimiliano Marazzi, docente ordinario di civiltà dell’Egeo e dell’Anatolia presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa e responsabile Scientifico del Centro Interistituzionale Euro Mediterraneo per i Beni Culturali (Cem), affiancato da uno staff di archeologi, studenti e restauratori, sta riportando alla luce in questi giorni interessanti reperti risalenti al periodo Miceneo.
I nuovi ritrovamenti sono rappresentati da tutta una serie di grossi contenitori e di vasi che stanno venendo alla luce al di sotto del crollo di una struttura capannicola, parte di un villaggio più ampio, molto imponente che occupava la punta d’Alaca. Tra questi è stato ritrovato uno stupendo, piccolo ma per noi archeologi davvero importante, frammento di brocca micenea. Il reperto dalle dimensioni di pochi centimetri è sufficientemente grande per determinare una conferma di datazione del sito e in particolare del crollo di questa capanna al 1.500 a.C. . Un frammento molto bello, con fasce di pittura rossastra e giallastra che assieme a tutta la ceramica micenea ritrovata dal 1977 in poi testimonia l’incontro sull’isola di Vivara di naviganti provenienti dalla Grecia micenea: da Micene, da Pilo, da Tirinto, dall’isola di Chitera.
L’isola di Vivara, dunque, in passato si caratterizzava quale primo luogo di incontro tra popolazioni diverse unite da scambi commerciali. Quest' isola, che un tempo era unita all'isola di Procida, ha rappresentato a lungo un punto di arrivo, un porto importante nell'ambito di traffici internazionali incentrati essenzialmente sul procacciamento di minerali, in particolare rame e stagno ma non solo - spiega Marazzi - I marinai del tempo trasportavano anche oggetti di lusso, da utilizzare come prodotti di scambio, quali vasi torniti, dipinti , magari contenente all'interno oli profumati o balsami che all’epoca rappresentavano lo scambio ad alto livello tra personalità di prestigio, tra i naviganti che arrivavano e i capi villaggio delle unità abitative, dei gruppi di capanne sparse un po’ dappertutto sull’ isola di Vivara, il cui nucleo centrale però era sull’’isola di Procida all’altezza della spiaggia di Ciraccio, tra questa e la Chiaiolella, lì infatti sono stati trovati numerosi resti contemporanei.
La scoperta dell’area archeologica dell’isola di Vivara, si deve a un archeologo che tanto si è speso in zona flegrea, Giorgio Buchner, fondatore tra l’altro del museo di Lacco Ameno a Ischia e scopritore della necropoli di Pithecusa. Buchner all’epoca dei primi ritrovamenti era un giovane studente dell’Università La Sapienza di Roma e l’isola di VIvara era ancora abitata con un’ attiva unità produttiva agricola. La campagna di scavo durò tre anni dal 1933 al 1935, al termine della quale il giovane Buchner scrisse la sua tesi di laurea su La vita e dimora delle isole flegree nella preistoria. Dopo queste prime ricerche, che portarono all’individuazione anche di un’abitazione preistorica sull’isola di Vivara, gli scavi ripresero solo nel 1975 ma da allora durano quasi ininterrottamente fino ad oggi.
Gli scavi attuali proseguono sotto l’egida dell’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, coadiuvata per la parte geologica con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e con l’Università Federico II. Alle campagne di scavo si associano dei corsi di formazione che hanno luogo nei laboratori allestiti a Terra Murata in collaborazione con il Comune di Procida. E proprio a Terra Murata sta nascendo il primo Museo Civico di Procida dedicato alla storia più antica dell’isola di Procida e Vivara e dove saranno esposte in forma multimediale i reperti ritrovati e la storia degli scavi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino