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Il giudice del lavoro di Napoli, Maria Rosaria Lombardi, ha dato ragione alla multinazionale statunitense Whirlpool per il ricorso, presentato dalle parti sociali per «condotta antisindacale», al fine di bloccare le missive di licenziamento partite già nella giornata di ieri nei confronti dei circa 320 operai dello stabilimento di via Argine nel quartiere Ponticeli.
«Abbiamo perso il ricorso», trapela già da questa mattina da fonti vicine ai lavoratori. La risposta del magistrato sarebbe arrivata, da quanto si apprende, intorno alle 8.30 di stamani via Pec direttamente ai segretari territoriali dei sindacati che lo scorso 22 ottobre erano stati ascoltati in aula al Palazzo di Giustizia di Napoli.
«La lettura chiara del nuovo accordo - si legge nella sentenza - non consentiva di ritenere che la società avesse assunto l’impegno di non licenziare sino al 2021, e non fino al 2020.
«Allegava - si legge ancora nel documento del Tribunale - la società di avere reso partecipi le organizzazioni sindacali, mediante i continui confronti sulle ragioni che avevano determinato lo scostamento dal piano industriale assunto, per cui alcuna violazione degli obblighi di buona fede e correttezza poteva esserle imputata; tali ragioni comunque non si sostanziavano in una giustificazione per un inadempimento inesistente; invero, la scelta operata costituiva manifestazione del diritto costituzionale di libertà di iniziativa economica».
E ancora, scrivono i giudici: «La società inoltre rilevava che, quantunque si volesse ritenere che l’accordo relativo agli anni 2019 e 2021 fosse da qualificare quale accordo collettivo - interpretazione non condivisa trattandosi per la parte in questione di un piano industriale di natura programmatica - e il comportamento della società quale inadempimento, in ogni caso, questo ultimo non costituiva condotta antisindacale, sia alla luce degli orientamenti giurisprudenziali, sia in considerazione del continuo coinvolgimento delle sigle sindacali nelle scelte operate. Sosteneva quindi insussistenti i presupposti giuridici e fattuali necessari per considerare antisindacale la condotta posta in essere, e ciò anche in ragione della cessata produzione nel sito napoletano e della conseguente chiusura dello stabilimento, che determinava il venir meno dell’interesse ad agire, non potendosi ottenere quale risultato utile la riapertura della produzione mediante l’azione sindacale priva in ogni caso del carattere di attualità e tempestività».
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