Una giornata dove il Vesuvio e l'Etna si sono dati simbolicamente incontrati a Napoli. Laddove la cucina partenopea di Gran Gusto ha sposato i vini etnei Palmento Costanzo....
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A raccontare la realtà etnea Valeria Costanzo, dell’omonima famiglia: oltre dieci ettari vitati che si estendono fino a 800 metri di altitudine, botti Ovum - dalla particolare forma di "uovo" - di rovere francese, un'etichetta in polvere vulcanica e un processo di vinificazione a "caduta", che riprende i modus tradizionali della "terra nera". È questa la storia di una viticoltura eroica innovativa, dove ogni processo di lavorazione in vigna è biologica e manuale da tempi immemori.
Nei vigneti che risalgono il versante nord del vulcano più grande d'Europa, circostanti l'antico palmento, luogo originario per la vinificazione, c’è un tesoro raro e prezioso: viti pre fillossera. Lungo le sciare, si estende la parte più antica di questa vigna delle "meraviglie", con piante straordinarie per forma, dimensione, forza vitale. Si distinguono da quelle più giovani - che hanno fino a trent'anni di età - per la formazione del tronco, spesso evoluto in cerchi concentrici, spire e braccia contorte. Sono creature forgiate dal tempo, cariche di storia e allo stesso tempo tenaci e fruttifere. Sono a piede franco, sembrano fiere sculture della natura, in cui è ancora viva la memoria atavica di chi le piantò. Un vero e proprio museo a cielo aperto, che Palmento Costanzo valorizza annata dopo annata per rendere omaggio alla storia della viticoltura etnea. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino